Gli angeli dello sterminio

“Se si volessero fare dei nomi, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta: la letteratura contemporanea, in blocco, non dice in definitiva altro che l’orrore di esistere, il dilagare dell’assurdo, l’angoscia del nulla e la catastrofe come ultima e unica residua possibilità di senso. Nomi? Vanno terribilmente bene Kafka e Kraus, Beckett e Peter Weiss, Céline e Ionesco, Rimbaud e Dürrenmatt, Gottfried Benn e Giorgio Caproni, Thomas Bernhard e Pessoa, Günther Grass e Canetti, Bloy e Cioran… Il fatto, a prima vista curioso, è che ciascuna di queste innumerevoli voci viene considerata come un caso personale a sé, un’eccezione: ciascuno, come Leopardi, ha la sua gobba. […] Testori ha scritto un breve romanzo, Gli Angeli dello Sterminio, che racconta l’Apocalisse. L’Apocalisse a Milano, che è il mondo di Testori. Il verme che si snoda lungo le strade della città consumata dalle fiamme dell’incendio finale è il verme della storia che l’attraversa. […] L’Apocalisse non è un giudizio morale. Testori – che ha scritto In exitu – non poteva ridurla a questo. Anche ciò che è più sordido e schifoso (ed è pressappoco tutto quello che resta) è guardato con pietà, perché l’infelicità delle creature umane è più grande delle loro colpe. E alla fine anche il dolore è stanco, come svuotato, i gridi si spengono subito, ricadono senza forza.

“Oltre la sofferenza, non c’è che ‘la totale e ridicola inutilità’ dei nostri sforzi. […] In Testori la letteratura soffre di non essere altro che letteratura. Per questo Testori guarda sopraggiungere l’Apocalisse e non compie nessuna revoca, non ritorna a casa.”

Sergio Quinzio

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