26 StoryEboard in cerca d'autore: Dalla A alla Z interazione: Immigrazione/Emigrazione
- Autore
- Jacopo Cavallaro
- Pubblicazione
- 20/03/2019
- Categorie
Quante volte capita di guardare un film, ma le immagini ci scorrono davanti
in modo inosservato. La trama del film in questo modo non ci attrae
e proseguiamo in maniera passiva fino alla fine, facendoci sfuggire
via i volti degli attori, cosi come le varie situazioni. Il sottotesto che determina
la differenza di significato, altrimenti invisibile, che si cela all’interno di una
battuta di un copione è presente anche all’interno di un immagine, che essa sia
un quadro, una foto e dulcis in fundo un frame cinematografico. Il sottotesto,
ha la stessa importanza dell’immagine che al livello visibile ne esce fuori e deve
essere sviluppato e messo a disposizione del fruitore in maniera precisa. Tutto
ciò che non ci viene mostrato, ma esiste insido nell’immagine ha bisogno di un
suo percorso ben preciso ai fini della massima comprensione, bisogna perciò capire
quanto sia importante lo studio preparatorio dell’inquadratura. Attraverso
l’occhio della cinepresa non osserviamo nient’altro se non un “quadro”, una
porzione di spazio, che assieme alle altre inquadrature formano una sequenza
scenica e quindi anche una concatenazione di movimenti, ma l’inganno a cui
si è portati a credere nasce proprio qui. Quando si parla di movimento scenico,
dobbiamo sempre riferirci ad una serie continua di singole immagini fisse.
Si parte sempre dalla singola immagine statica. Il regista in questo caso, prende
le vesti del pittore e va a creare quello che tecnicamente viene definito
storyboard. Oggi purtroppo questo metodo di lavoro è considerato da diversi
addetti ai lavori superfluo, ma aimè non si rendono conto di creare immagini
prive di significato. I cosiddetti sketch, schizzi preparatori, menabò,
sono questi i nomi utilizzati nel processo di studio necessario per giungere
alla realizzazione dell’opera finale. Quello che vi sarà mostrato in questo lavoro
è lo studio, la fase preparatoria, lo storyboard di 26 storie, che un
giorno vedranno la luce, attraverso la loro realizzazione cinematografica. 26
titoli, come 26 lettere dell’alfabeto per raccontare i temi caldi dell’immigrazione
e dell’emigrazione. Un viaggio che vi porterà ad assistere alla messa in
scena di brevi racconti, visti dagli occhi del regista/cineasta/pittore che vuole
dare il via al loro sviluppo cinematografico. Il tempo e lo spazio vengono
racchiusi all’interno di “cornici”, ognuna di esse esprime anche se in maniera
celata il significato dell’intera opera cinemtografica. A questo punto ci si
renderà conto che guardare un film non vuole dire solo arrivare alla fine per
capirne la trama, ma osservare attentamente fin dall’inizio ogni porzione di
spazio, ogni “cornice”, cosi come se per un attimo si stesse procedendo dentro
una galleria d’arte. Nel cinema non esiste finzione, tutto quello che ci
viene mostrato anche se apparentemente artefatto è lo specchio della realtà,
e il regista ha il difficile compito di essere creatore della realtà da mostrare.
in modo inosservato. La trama del film in questo modo non ci attrae
e proseguiamo in maniera passiva fino alla fine, facendoci sfuggire
via i volti degli attori, cosi come le varie situazioni. Il sottotesto che determina
la differenza di significato, altrimenti invisibile, che si cela all’interno di una
battuta di un copione è presente anche all’interno di un immagine, che essa sia
un quadro, una foto e dulcis in fundo un frame cinematografico. Il sottotesto,
ha la stessa importanza dell’immagine che al livello visibile ne esce fuori e deve
essere sviluppato e messo a disposizione del fruitore in maniera precisa. Tutto
ciò che non ci viene mostrato, ma esiste insido nell’immagine ha bisogno di un
suo percorso ben preciso ai fini della massima comprensione, bisogna perciò capire
quanto sia importante lo studio preparatorio dell’inquadratura. Attraverso
l’occhio della cinepresa non osserviamo nient’altro se non un “quadro”, una
porzione di spazio, che assieme alle altre inquadrature formano una sequenza
scenica e quindi anche una concatenazione di movimenti, ma l’inganno a cui
si è portati a credere nasce proprio qui. Quando si parla di movimento scenico,
dobbiamo sempre riferirci ad una serie continua di singole immagini fisse.
Si parte sempre dalla singola immagine statica. Il regista in questo caso, prende
le vesti del pittore e va a creare quello che tecnicamente viene definito
storyboard. Oggi purtroppo questo metodo di lavoro è considerato da diversi
addetti ai lavori superfluo, ma aimè non si rendono conto di creare immagini
prive di significato. I cosiddetti sketch, schizzi preparatori, menabò,
sono questi i nomi utilizzati nel processo di studio necessario per giungere
alla realizzazione dell’opera finale. Quello che vi sarà mostrato in questo lavoro
è lo studio, la fase preparatoria, lo storyboard di 26 storie, che un
giorno vedranno la luce, attraverso la loro realizzazione cinematografica. 26
titoli, come 26 lettere dell’alfabeto per raccontare i temi caldi dell’immigrazione
e dell’emigrazione. Un viaggio che vi porterà ad assistere alla messa in
scena di brevi racconti, visti dagli occhi del regista/cineasta/pittore che vuole
dare il via al loro sviluppo cinematografico. Il tempo e lo spazio vengono
racchiusi all’interno di “cornici”, ognuna di esse esprime anche se in maniera
celata il significato dell’intera opera cinemtografica. A questo punto ci si
renderà conto che guardare un film non vuole dire solo arrivare alla fine per
capirne la trama, ma osservare attentamente fin dall’inizio ogni porzione di
spazio, ogni “cornice”, cosi come se per un attimo si stesse procedendo dentro
una galleria d’arte. Nel cinema non esiste finzione, tutto quello che ci
viene mostrato anche se apparentemente artefatto è lo specchio della realtà,
e il regista ha il difficile compito di essere creatore della realtà da mostrare.
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