Io e Padre Agrippino (Libberi canti d'Amiri Vol. 1)

Prefazione

Una venata, ma evidente, inquietudine avvolge l’intera raccolta in dialetto mazzarinese, “Io e padre Agrippino”, di Luigi Cinardo, sicuramente ispirata dal senso civico, dalla propensione al bene e al giusto ma soprattutto dall’amore per Mazzarino e per i mazzarinesi che l’autore ha voluto mostrare attraverso il linguaggio (dialetto) e la rappresentazione del suo mondo che è anche il nostro. Accanto ai racconti brevi in cui emergono con tutta la loro forza principi, valori, tradizioni e storia di quell’epopea popolare e contadina custode e tutrice di semplici, ma profonde verità spesso dimenticate dalla nuova generazione, si dipana un’altra storia: quella della mafia.
I racconti dell’autore spesso nascondono una sottile ironia, che ha sempre connotato il popolo mazzarinese ed ha rappresentato l’arma principale con cui sono state affrontate le miserie del passato e del presente.
Luigi Cinardo attraverso i suoi racconti e personaggi in cui riconosce, orgogliosamente, le sue radici, ci porta a riflettere sul valore della libertà, non sempre apprezzata e compresa, della democrazia perduta, della giustizia tradita, della “cultura” abbandonata, dei cambiamenti valoriali e delle mafie che si adeguano ai tempi guadagnando terreno nei confronti del potere a discapito della democrazia e dei cittadini.
Luigi non nasconde la rabbia, lo sconforto e il senso di impotenza nei confronti della decadenza valoriale e civile del nostro tempo.
Mostra tutto il suo affetto e la sua attenzione per i bambini, per gli uomini onesti, per gli audaci e per i generosi, mentre tutta la sua indignazione ed ira nei confronti degli ipocriti, dei prepotenti e degli uomini acculturati, attenti solo ai propri interessi e schiavi del sistema, del denaro e delle consuetudini.
L’opera rappresenta un vero e prezioso contenitore di emozioni e riflessioni, di sincere e schiette esternazione di dolore, sconforto, commozione per un paese che ha perso o sta perdendo quel senso di unità, di solidarietà, di rispetto per i valori democratici e civili, ma allo stesso tempo la speranza, mai persa, di una rinascita civile e culturale che l’autore si porta nel cuore ed auspica sia nei cuori di chi, nel bene e nel male, ama il proprio paese.


Postfazione
Da sempre la storia ci tramanda eventi, battaglie, gesta memorabili di grandi uomini che hanno lasciato un segno indelebile del loro passaggio terreno. Come è risaputo, la storia è scritta sempre dai vincitori che tramandano ciò che interessa, ciò che serve sapere; per questo non è una scienza esatta, non fornisce verità assolute e incontrovertibili, ma insegnamenti poiché, come affermava Giambattista Vico in “Corsi e ricorsi storici”, la storia si ripete. Tuttavia, per tentare di raggiungere la verità di ciò che fu una determinata società in un preciso momento storico sono necessari uno sguardo critico e prove documentali e/o autoptiche veridiche. E la Storia Universale – quella scritta sui libri – s’incrocia con la storia individuale in un continuo confronto fra chi è fattore degli eventi e chi li subisce. Per raccontare eventi dell’ultimo secolo – affondando le radici ben oltre – della società di Mazzarino, l’autore Luigi Cinardo, come gli aedi d’un tempo, si affida alla memoria propria e di chi era presente e può dare viva testimonianza dei fatti trascorsi nella nostra comunità. Vengono affrontate alcune tematiche fondamentali del nostro recente passato adottando un inusuale punto di vista: quello dei deboli, quello del popolo. Il racconto è corroborato, inoltre, dal tipico utilizzo del vernacolo locale in chiave poetica, che consente al lettore di immergersi totalmente nella trama storica e di apprezzarne le sfumature: sembra quasi di sentire la viva voce di chi è stato protagonista di quei fatti narrati, le amare sofferenze del popolo che ha vissuto all'ombra dei potenti, che sì hanno reso grande Mazzarino con palazzi e chiese e attirando pittori e letterati illustri...

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