Calibano o L'Ultimo Spettacolo (Il Miraggio Vol. 3)

Calibano non è un romanzo di fantascienza.
Potremmo affermare con un certo grado di precisione che è un romanzo “parassita” della Space Opera, nel senso che ne utilizza i maggiori stilemi – alieni, astronavi, pianeti extrasolari, intelligenze artificiali, guerre tra sistemi, federazioni di pianeti ecc. – per parlare in realtà di tutt’altro, ovvero rappresentando una possibile metafora del reale.
È stato scritto a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso e il risalto dato a personaggi come (Ci)licio Ge(me)lli è una conseguenza della sua età. Come forse saprete, qualche tempo fa ho deciso di (auto)pubblicarlo, presentandolo sul mio blog, (dove, peraltro, rimane). È stata una buona esperienza, tanto è vero che ho deciso di farne un e-book.
In questo romanzo si parla, tra l’altro, di un giovinotto tuttora installato in famiglia, della sua ragazza che in realtà non sa di esserlo e della Terra vittima di Major, multinazionali, speculatori e tagliagole e della profonda, insondabile e stravagante dabbenaggine dei suoi abitanti che non riescono a liberarsi di costoro.
In Calibano c’è una rivoluzione in atto, ma nulla che ci riguardi, e un numero esagerato di personaggi, ma nonostante questo l’autore (l’A.) è talvolta presente in scena. Lo è nei momenti pericolosi, laddove non ha trovato nessun altro che potesse raccontare qualcosa che il protagonista non vedeva direttamente. Credo si tratti di «Indiretto in contumacia», ma su questo mi affido all’interpretazione di una scuola di Scrittura Creativa (S. C.).
Personalmente non ho mai preso lezioni di S.C. – probabilmente si nota, dirà qualcuno – ma se non altro posso affermare di non aver arricchito nessun bipede nel tentativo di diventare uno “scrittore”, né di aver tentato di aumentare di statura assumendo curiosi pseudofarmaci di origine virtuale e di natura sospetta.
E anche questo si nota, ma non leggendo Calibano.
Spero che il ritmo del libro sia tale da a spingervi a leggiucchiarlo anche ai semafori o sotto i lampioni, che vedendovi sghignazzare i passanti dubitino delle vostre condizioni mentali e che il ricordo delle sue pagine non vi abbandoni troppo presto.
Sono convinto che la commedia – intesa nel senso di intrattenimento comico-satirico – di questi tempi manchi e non poco. Anche se, riflettendoci, nel nostro piccolo basta pensare ai governi italiani – attuali e passati – per chiedersi come facciamo a non ridere dal risveglio fino a notte fonda. Il fatto che non lo facciamo, testimonia soltanto del nostro stato stuporoso, una condizione riprovevole, certo, ma fortunatamente non eterna.
Un bel mattino potremmo svegliarci e cominciare a ridere, finendo col buttare fuori dal pianeta tutti i parassiti che lo popolano.
Un bel programma, non c’è nulla da dire.
Buona lettura!

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