Il rettangolo azzurro

Siamo di fronte a un viaggio nella memoria. L’adulto “ritorna“ al sé bambino nella Roma degli anni immediatamente precedenti l’ultimo conflitto mondiale (1938–1940), re-immergendosi nell’universo magico e incantato di questo suo alter ego nel tempo.
Il racconto nel seguire il bambino nei diversi  momenti del suo percorso iniziatico alla scoperta del mondo e dell’ “Altro”, mette  in  luce e descrive il processo di progressivo distacco, che in lui si opera, da quella indistinguibilità - quella vera e propria consustanzialità tra interno ed esterno - che aveva caratterizzato tutta la sua primissima infanzia nel “grande utero allargato“ della casa patriarcale, da lui percepita come un indistinto da sé. 
Nel contempo  tutta la narrazione si sviluppa  sul  variegato sfondo di una “Roma sparita“, dipingendo come in  un affresco d’epoca una città fatta di quartieri come paesi, fitti di mille piccoli commerci ambulanti, di mille piccole e grandi botteghe; intessuti di una rete di rapporti umani semplici e, pur se a volte debordanti, sempre spontanei. E, per converso, di un Centro città elegante ed esclusivo, meta privilegiata degli inseguitori - e inseguitrici (tra cui la madre del bambino) - di sogni e di illusioni.
Su tutto questo scenario incombe come una scura nube temporalesca, il prossimo apocalittico scatenarsi del Conflitto, che diverrà nell’ultimo capitolo il protagonista sempre più invadente e minaccioso della narrazione.

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