Jheronimus: Venezia 1506

Venezia, notte tra il 27-28 gennaio 1505: un incendio notturno divora il Fondaco dei Tedeschi presso Rialto, luogo di raduno della potente comunità dei mercanti transalpini. La Serenissima decreta di rifarlo ‘presto e bellissimo’, e il 19 giugno incarica un architetto raccomandato dalla comunità germanica: ‘uno delli suoi, nominato Hieronymo, homo intelligente et practico’. Ma quando, due anni dopo, il nuovo Fondaco è inaugurato, ‘Hieronymo’ non è più della partita: anzi, la sua sparizione dalla scena costituisce ad oggi un non risolto giallo storico.Che fine ha fatto ‘Hieronymo Thodescho’? Ma soprattutto, chi era veramente? Gli storici dell’architettura non sono finora riusciti a rispondere a questo interrogativo.Un vero enigma: un edificio di questa importanza affidato a un architetto che non si riesce a identificare, e che peraltro, pur avendo presentato alla Signoria il modello dichiarato vincente, in definitiva non costruisce nulla, soppiantato dall’architetto veneziano che fin dall’inizio gli era stato affiancato come secondo. Perché? In queste pagine, una risposta inattesa, sorprendente. È Hieronymus Bosch, l’artista olandese celebre per gli Inferni e le scene di Tentazioni, a raccontare in prima persona l’intera vicenda: il suo incontro con l’ambasciatore veneziano nei Paesi Bassi, l’arrivo a Venezia, il suo coinvolgimento nel progetto nel quadro di una manovra diplomatica a livello europeo, con la Serenissima impegnata da una parte a gratificare l’imperatore Massimiliano I e la potente comunità transalpina di mercanti e banchieri, dall’altra a mantenere la propria discrezionalità sull’edificio, che si affaccia su un punto particolarmente visibile del Canal Grande. Con la sorpresa di un finale amaro… Gloria Vallese. Docente di Elementi di Iconografia e iconologia all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ha pubblicato studi sul tema della follia e la medicina umorale in
Leonardo, Bosch, Bruegel, e sull’iconografia astronomica nell’arte medievale. Laureata al D.A.M.S. di Bologna con una tesi in Semiotica, relatore Umberto Eco, nel 1999 è stata tra i fondatori del Corso di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, primo del suo genere in Italia, che ha coordinato dal 2009 al 2018.La vicenda narrata in queste pagine presenta in forma fictional gli sviluppi più recenti di ricerche sperimentali in corso con la tecnologia della Visual Face Recognition, condotte dal 2013 in collaborazione con lo studioso statunitense Bob Schmitt.

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