Il cammino di Le Puy, le chemin magnifique: Quattrocentoventi chilometri a piedi nel cuore della Francia, attraverso valli rigogliose e paesaggi mozzafiato
- Autore
- Nicola Soloni
- Pubblicazione
- 30/06/2020
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Se vuoi vedere le diapositive del cammino di Le Puy-en-Velay, vai su https://www.youtube.com/watch?v=6dywDYsbaa4.
Mai stati normali. Neppure da piccolo. Forse è questa la loro cifra, il segreto della loro benedizione. Che, poi, non ho mai capito cosa si intenda per normali. Simili agli altri, creati con lo stampo, con caratteri comuni, frequenti, riconoscibili. Se è così, posso dirlo con certezza: la normalità non fa per loro. E nemmeno per me.
Tra le foto dell'album dei ricordi ce n'è una in particolare che ben rappresenta questa anomalia, questa strana diversità. Un tavolo lunghissimo, foderato da un drappo rosso scuro. Sopra, in piedi, un bambino vestito da Arlecchino. Un costume nuovo, appena comprato, indossato per l'occasione. Lo sguardo stralunato, smarrito, di chi si è svegliato un attimo prima e non sa dove si trova, perché quella festa, perché tutte quelle persone guardino il suo incedere pesante e incerto.
Avrò avuto cinque anni, portavo ancora le scarpe ortopediche. Nella foto si notano più del vestito sgargiante. Due blocchi di cemento, due carrarmati ai piedi. Anche il rumore era lo stesso. Colpi secchi, cupi, che rimbombavano nello spazio chiuso, come un martello che conficca un chiodo nel legno. Quando camminavo si voltavano tutti. Le sentivo addosso le punture dei loro sguardi. Mi trafiggevano la carne, procurandomi un dolore lancinante.
Quei piedi sformati li ho scoperti via via sempre più forti e impavidi, instancabili nella marcia, pronti a sfidare le pareti verticali, i salti di roccia e i più aspri dislivelli. Maestri d'acrobazia e di equilibrismo, perfetti e precisi nel seguire la traccia laddove un minimo errore avrebbe potuto essere fatale.
Ne scrivo non per orgoglio o per autoaffermazione, ma per ringraziamento. Alla vita, al suo grande mistero. Come possa una magagna, una fastidiosa imperfezione trasformarsi in pregio, in punto di forza lo sa solo lei. Quale alchimia, quale magica miscela d’ingredienti renda reale e concreto l'inimmaginabile. Eppure, è quello che è successo. E che magari capita di frequente, solo che non abbiamo gli occhi per vederlo e il coraggio di crederci.
Una città di mare, il golfo d'acque turchine e le colline sullo sfondo, a far da corona. Il porto industriale, i moli affannati di traffici e il centro storico, la piazza affacciata sull’azzurro, i palazzi nobiliari e i caffè d’inizio Novecento. Un appartamento, la cena con un'amica. Parliamo di pellegrinaggi, intrecciando racconti, attizzando emozioni. Basta un po' di legna secca, qualche ricordo, qualche incontro speciale e il fuoco subito divampa.
- Hai mai fatto il cammino di Le Puy?
- No. È in Francia, vero?
- È bellissimo, sai. Dovresti farlo.
Mi limito a fissare su un pizzino qualche nome, un sito dove reperire informazioni, luoghi da attraversare e da visitare. Finisce così, con un pezzo di carta in tasca e nessuna voglia di dargli seguito.
A casa, distrattamente, do un’occhiata al nuovo sito, lo confronto con un altro che conosco. Poi, un pomeriggio, decido che è ora di mettersi a studiare francese. Tiro fuori vecchi cd, provo a farli funzionare. Non ci capisco nulla, non conosco la grammatica e tantomeno le parole, sto per abbandonare. Mi armo di pazienza. Riempio di vocaboli le pagine di un'agenda, comincio a masticare la pronuncia. Poco alla volta prendo coraggio.
Cerco qualche guida, non trovo granché, solo elenchi asciutti di località, chambres e gîtes d’etape, di scarsa utilità. Scarico le tracce per il navigatore, analizzo i profili altimetrici, mi metto a contare le tappe e i giorni. È un lavoro lungo, fatto di limature e affinamenti successivi. Come lo scultore, tolgo via uno strato dopo l'altro, fino a far affiorare l'opera in tutta la sua bellezza. Fisso le settimane, prenoto l'aereo. Ecco, adesso tutto è a posto. Posso partire.
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