Nebbia fenica

Nebbia fenica conduce il lettore lungo il corso del fiume Bormida negli anni 1955-1956: in quel tempo la valle più avvelenata d’Italia. La voce narrante è Nino Fezzani, il bambino che vive con sgomento la situazione ambientale che lo circonda e annota, nel suo quaderno a righe con la copertina nera, le vicende lievi o tragiche che si susseguono nel piccolo borgo di Case del Pozzo. Egli racconta di papà Cesco, reduce di Russia, di Censin Beronio, cavaliere di Vittorio Veneto e contadino della tradizione saldamente radicato nella sua terra e nelle sue convinzioni. Nino ha un legame profondo con i “suoi” animali: la gatta Mina, la capra Mena, Testa Verde, il germano reale che muore avvelenato dalle acque della Bormida fenica e i due vitelli Gianc e Rouss che, addestrati con cura, diventano possenti e docili buoi da tiro.Nino osserva e scrive: le proteste dei contadini in valle, il vano tentativo del parroco don Ferano di contenere la dispersione dei propri parrocchiani, gli eventi tragici come la morte di Gustu o di Lucia, la mite moglie del matto, ma anche i racconti lievi e divertenti delle serate della meliga. E il suo scrivere lo porta a sorridere e ad evadere da un mondo spesso troppo duro.Poi, anche per lui, viene il momento della partenza e degli abbandoni: Nino Fezzani è uno di quelli che sono partiti, di quelli che hanno avvertito in maniera dolorosa e lacerante il taglio delle proprie radici, è uno di quelli che hanno lasciato un mondo familiare e noto per affrontare un mondo nuovo, ma ignoto.

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