Critico e curatore eclettico, rabdomante eterodosso, da anni Luca Beatrice racconta il mondo dell’arte come luogo di scambio simbolico ma anche come teatro di accesi conflitti. Rimettendo al centro del discorso critico i legami tra personalità artistiche e contesto storico-culturale, tra riflessione ed esecuzione, spinge a rivalutare le tante realtà della penisola e la loro capacità di esprimere e interpretare interi universi di senso. Nel confronto con venerati maestri e picareschi compagni, artisti le cui poetiche si traducono in pratiche quotidiane, attraversa i decenni che vanno dal boom economico alle atmosfere cupe degli anni settanta, dal fermento della Transavanguardia e del punk agli anni novanta, che individua come «l’ultimo momento in cui si poteva identificare un’arte italiana», fino ai giorni nostri.
Dai prodromi dell’Arte Povera alle ultime sperimentazioni del contemporaneo, si susseguono le vite, tra gli altri, di Giulio Turcato, Carla Accardi, Mario Schifano, Michelangelo Pistoletto, Carol Rama, Emilio Isgrò, Maria Lai, Salvo, Antonio Trotta, Sandro Chia, Corrado Levi, Marco Lodola, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Francesco Vezzoli.
Al controcanone accedono anche personaggi che a vario titolo hanno rivoluzionato il modo di concepire e narrare l’arte, da Umberto Allemandi a Giancarlo Politi, da Francesco Bonami a Roberto D’Agostino. Tra aneddoti, curiosità e qualche cattiveria, divagazioni e note critiche, un viaggio nel tempo e nello spazio, un’incursione negli studi d’artista e nelle osterie dove scambiare idee e materiali, alla ricerca di quell’«Italia senza centro, non unitaria ma molteplice, attraversata da una lingua fresca, croccante, vibrante, contro quella di plastica della globalizzazione».
«I veri maestri dell’arte italiana sono stati gli irregolari, quelli che dentro le categorie ci stavano a fatica, fautori di un lavoro libero, autosufficiente rispetto ai gruppi e alle scuderie, contraddittorio, discontinuo e antischematico»
Se l’arte sta diventando sempre più immateriale e la critica «instagrammabile», appiattita su un immaginario globalizzato, al contrario l’Italia ha costruito nei secoli il proprio carattere e la propria fortuna sul «provincialismo», il rapporto tra pensiero e manufatto, tra personalità e territorio, in un panorama unico per vivacità e talenti. Luca Beatrice ripercorre ironicamente la penisola sulle orme di Giorgio Vasari narrando vicende, opere e passioni dei compagni di strada incontrati in quarant’anni di critica militante. Tratteggia così un singolare controcanone, un racconto luminoso e spiazzante dell’arte italiana
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