Annamaria Ludmann. Dalla scuola svizzera alle Brigate Rosse

Scrive don Gallo nella prefazione: "Questo libro, a mio parere indica al lettore una strada perché non si rimuova un pezzo doloroso di storia del nostro paese..."



...si tratta di un lavoro onesto, imparziale, pacato. L'autore si mette in condizione umile di chiedere e ascoltare per non invilupparsi nella immobilità delle proprie ragioni per non accontentarsi di risposte uniche e assolute.



Emergono tra le righe interessanti interrogativi: “chi è questa giovane incensurata?” Come è stata arruolata nelle Brigate Rosse?” Quale “ruolo” rivestiva nel vasto movimento della lotta armata? Qual è la vera versione dello “scontro” in via Fracchia?



...rimane fortissima la domanda cruciale: “come mai una ragazza “normale” come Annamaria Ludmann, e tanti altri giovani sono entrati nella lotta armata?”



…aleggiano nuovamente il '68, gli anni Settanta e Ottanta, i cortei, le università occupate, scontri, uccisioni, leggi speciali, il caso Moro, i processi, i pentiti, i dissociati, gli irriducibili, i latitanti, i detenuti e infine i Servizi segreti più o meno deviate le sanguinose stragi...



regalando a un vecchio democratico, la sua profonda aspirazione alla verità, alla giustizia, alla democrazia... per scegliere decisamente il sentiero della cultura della non violenza per una impostazione della vita, del nostro quotidiano.



(dalla prefazione di Don Andrea Gallo, della Comunità San Benedetto al Porto di Genova)





La “lotta armata” non ha rappresentato la follia di donne e uomini incapaci di vivere serenamente il proprio tempo. Non si è neppure rivelata la disperata condotta di persone alla deriva di sé stesse. Pensarlo significherebbe sottrarre da responsabilità una società in seno alla quale lo spaventoso feto fu concepito. Interpretare quegli anni con le semplificazioni in uso al nostro tempo non facilita la comprensione, in sostanza. Ecco perché interpretazioni quali “scritti farneticanti” o “tesi deliranti” circa il materiale prodotto dalle Br paiono perlomeno superficiali. Chiamarli “terroristi” identifica un soggetto, ma non ne spiega la genesi. Prima che divampasse la “lotta armata” le persone che ne avrebbero animato gli intenti vivevano in famiglia, in fabbrica, a scuola o all’università. In una parola animavano un tessuto sociale comune a milioni di individui. Tra questi Annamaria Ludmann, militante “irregolare”delle Brigate rosse morta a Genova in via Fracchia il 28 marzo 1980.



I documenti ufficiali riferirono un conflitto a fuoco con i carabinieri, versione subito posta in forte dubbio da alcuni organi di stampa. Annamaria Ludmann, una cattolica per nulla incline alla violenza politica, disse chi ne condivise per qualche tempo la quotidianità. Eppure, nel suo appartamento sulle alture di Oregina transitarono i capi delle Br, rivelano i verbali di interrogatorio a Patrizio Peci.



A margine delle vicende genovesi la descrizione di un “Collettivo politico” che si tenne nel novembre 1969 a Chiavari, all’interno di locali incredibilmente concessi per “errore” dalla Curia Vescovile cittadina, scrisse il generale Dalla Chiesa. Tra i presenti, Renato Curcio e Margherita Cagol. Chiavari, la città dove tornò la stessa Annamaria Ludmann al termine di un “viaggio” senza ritorno.



In appendice, copie fotostatiche del "Fascicolo via Fracchia", uscito dal Tribunale di Genova vent'anni dopo quei drammatici eventi.

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