Ultimo volo della sera
- Autore
- Claudio Rinaldi
- Editore
- Feltrinelli Editore
- Pubblicazione
- 10/06/2015
- Categorie
Dentro il labirinto della sclerosi multipla che ha cominciato a consumarlo nel 1986, il personaggio che dice io ripercorre le stagioni della sua vita. Lo fa mescolando secondo una progressione non lineare gli anni della giovinezza (la famiglia cattolica, gli studi all’università, le ragazze, il vento della protesta), la formazione culturale e politica, il lavoro come giornalista, la direzione dei magazine, il presente della malattia.
Il ragazzo che voleva essere un poeta come Montale e che conquistava ragazze senza fatica è ancora desto e per tutto il tempo della sua ricognizione narrativa “dialoga” con Daria, misteriosa interlocutrice, divisa fra provocazione e imperio, scomposta e controcorrente, presente sempre e assente per definizione. Sarà l’ennesima amante o è un fantasma che in realtà lo aiuta a tener legato il tempo della malattia e quello della meravigliosa svagatezza in cui è stato uomo sensibile al mondo, alla sgangherata e febbrile registrazione di eventi? Gli anni di Lotta continua, lo strappo ai tempi della morte di Calabresi, il matrimonio, il lavoro nei giornali, il riflusso, le scosse telluriche della società degli anni ottanta, i ricchi salotti milanesi, il rigore dell’informazione, l’astro dell’imprenditore Berlunesque, la fabbrica dell’obbedienza. Con sapida ironia e dolenti aperture contemplative, il narratore si chiede se il tempo della politica non sia stato altro che “un calderone enorme” in cui tuffarsi, si commuove alla morte del padre (“un rapporto che doveva esserci e non c’è stato mai”), sente la bella prossimità di un’insegnante che ha sempre creduto nella sua eccellenza. Daria deve e può continuare ad aspettare: le cose della vita, le ambizioni, i giochi della seduzione, la volontà di capire sono, alla fine di questa ricognizione, come i versi giovanili del poeta che Rinaldi non è stato, una promessa che dura in quelli che restano, per quelli che restano.
Il ragazzo che voleva essere un poeta come Montale e che conquistava ragazze senza fatica è ancora desto e per tutto il tempo della sua ricognizione narrativa “dialoga” con Daria, misteriosa interlocutrice, divisa fra provocazione e imperio, scomposta e controcorrente, presente sempre e assente per definizione. Sarà l’ennesima amante o è un fantasma che in realtà lo aiuta a tener legato il tempo della malattia e quello della meravigliosa svagatezza in cui è stato uomo sensibile al mondo, alla sgangherata e febbrile registrazione di eventi? Gli anni di Lotta continua, lo strappo ai tempi della morte di Calabresi, il matrimonio, il lavoro nei giornali, il riflusso, le scosse telluriche della società degli anni ottanta, i ricchi salotti milanesi, il rigore dell’informazione, l’astro dell’imprenditore Berlunesque, la fabbrica dell’obbedienza. Con sapida ironia e dolenti aperture contemplative, il narratore si chiede se il tempo della politica non sia stato altro che “un calderone enorme” in cui tuffarsi, si commuove alla morte del padre (“un rapporto che doveva esserci e non c’è stato mai”), sente la bella prossimità di un’insegnante che ha sempre creduto nella sua eccellenza. Daria deve e può continuare ad aspettare: le cose della vita, le ambizioni, i giochi della seduzione, la volontà di capire sono, alla fine di questa ricognizione, come i versi giovanili del poeta che Rinaldi non è stato, una promessa che dura in quelli che restano, per quelli che restano.
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