Nel corpo del mondo. La mia malattia e il dolore delle donne che ho incontrato (La cultura)

Un’attivista conosciuta ovunque nel mondo, che ha combattuto tutta la vita per i diritti delle donne; che ha portato milioni di persone a ballare per le strade e nelle piazze, in un flash mob globale di protesta; che ha contribuito a fondare in Congo la Città della Gioia, un centro di accoglienza per donne violentate. Poi, in un giorno qualunque, un presentimento: qualcosa dentro di lei non sta funzionando come dovrebbe. E una radiografia che rivela una «gigantesca pozza di nero» proprio al centro del suo corpo. È così che Eve Ensler, celebrata autrice dei Monologhi della vagina, scopre di avere un cancro all’utero in stadio avanzato. A cinquantasette anni, dopo aver aiutato migliaia di donne, Eve deve andare in soccorso di se stessa. Ora, è del suo corpo che deve scrivere la storia, esplorandone le pieghe più nascoste, percorrendo i sentieri più tortuosi della memoria. Per mesi e mesi Eve si sottopone a cure invasive e dolorose, mentre la malattia la rende soprattutto un corpo – scansionato, irradiato, sezionato, gonfiato, drenato, ricucito. È così obbligata a connettersi profondamente con la propria fisicità, azzerando quella distanza da sé che si è imposta per rimuovere i traumi del passato – gli abusi del padre, l’indifferenza della madre, la rivalità con la sorella. Ora, è in quelle cellule impazzite che avviene il cambiamento. Stesa sul lettino da visita, prima di entrare nel tubo della Tac, o con le vene pompate di Taxol e carboplatino, o piegata a vomitare i suoi molti veleni, Eve può finalmente ritrovare la connessione che ha a lungo cercato prendendosi cura degli altri: la sua malattia è il morbo che devasta la Terra, la sua voglia di vivere è l’incredibile resilienza di tutte le donne che ha incontrato. Donne molestate nel loro letto, annullate e frustate nei loro burqa, bruciate con l’acido nelle loro cucine, abbandonate in un parcheggio perché credute morte. Le donne di Jalalabad, Sarajevo, Port-au-Prince, Peshawar, Pristina, o quelle del Congo, vittime della guerra e di atrocità senza fine che, instancabili, continuano a danzare. Nel corpo del mondo è un memoir sconvolgente e insieme tenero, di una forza e un’onestà incrollabili. Senza mai farsi giudice né profeta, solo con il suo coraggio, Eve Ensler ci invita ad alzarci in piedie ad agire, a essere al mondo con gratitudine e rispetto. L’amore che ha cercato per anni, l’«amore supremo», è quello che ha sempre avuto sopra, sotto, intorno. È la devozione totale nei confronti di noi stessi, oltre che del mondo che ci ospita, e non ha niente a che vedere con il possedere o il consumare, ma con il mantenere le promesse, con il dare tutto e il perdere tutto. Con l’esserci, consapevolmente.

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