Franco Meneguzzo

Questo libro è un tributo, un omaggio, un pegno d’amicizia per Franco Meneguzzo, un pittore di Valdagnos comparso di recente, con il quale l’autore condivideva l’amore per l’arte e per il bello.
Il libro, con la solita copertina blu macchiata di rosso (stavolta in rosso è una stretta di mano) contiene appunti, ricordi di dialoghi e di emozioni condivise, qualche poesia, diverse notazioni critiche e citazioni dotte. E’ una scelta ben precisa, sia per fare conoscere meglio l’artista, sia perché è lo stile che meglio si addice a Fazìa: “La partitura del palinsesto comprende parti in versi e parti in prosa, - dice egli infatti nel prologo - ma in generale l’intonazione è poematica, così fa segno a un’idea romantica della sua personalità e della sua storia, se non si dimentichi che è proprio del romanticismo [...] fare della vita un progetto sublime e dell’arte la via esclusiva della propria passione e morte”.
Ma nonostante questa scrittura complessa, il libro è anche molto leggibile e coinvolgente. Racconta anche le chiacchiere, i momenti di allegria, i momenti di sconforto con il progredire del male. Poi, a pagina 103, poche parole: “... è morto, stanotte, c’era Marco...”. Una frase scarna, drammatica e consolatoria insieme, per il fatto che Franco Meneguzzo non è morto da solo.
Poi non finisce, ci sono i funerali, i ricordi, l’orazione funebre. Chissà, forse c’è anche il tentativo di esorcizzare la paura della morte, quasi che sia un capitolo dell’esistenza che non significa affatto la fine di tutto.

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