Né re né Dio, semplicemente il migliore: Lionel Messi: la vera storia

Il 29 giugno 1986 il capitano dell'Argentina, Diego Armando Maradona, idolo indiscusso degli amanti del calcio, si consacrava come il miglior giocatore della sua epoca alzando al cielo di Città del Messico la Coppa del Mondo. Ventott'anni dopo tocca a un altro numero 10, Lionel Andrés Messi, detto «la Pulce», ripeterne le gesta. L'appuntamento della vita è il Mondiale di Brasile 2014. È qui che ha l'occasione di scrivere la storia conquistando finalmente, lui che è già un'icona mondiale, i cuori dei tifosi argentini e superando il «re del calcio», Pelé, e il divino Maradona, per diventare il miglior calciatore di sempre. A soli ventisette anni, Messi ha già un palmarès da far invidia ai più grandi. Unico a essere premiato per quattro stagioni consecutive con il Pallone d'Oro, con la sua squadra di club, il Barcellona, si è aggiudicato 3 Champions League, 2 Coppe del Mondo per Club, 2 Supercoppe europee, 6 campionati spagnoli, 6 Supercoppe di Spagna, 2 Coppe del Re. Il tutto infarcito di record, premi e riconoscimenti individuali. Ma il Messi di cui ci parlano i giornalisti Sebastián Fest e Alexandre Juillard non è solo quello che sul rettangolo verde fa impazzire gli avversari con accelerazioni irresistibili e finte ubriacanti, e che non dà scampo ai portieri con la precisione chirurgica del suo sinistro. È anche il Lionel dell'infanzia povera a Rosario, dell'adorata nonna materna Celia, alla quale dedica ogni gol alzando gli indici al cielo, e quello della lotta contro un deficit ormonale che ne limitava la crescita. Il Lionel tredicenne che insieme a tutta la famiglia si trasferisce a Barcellona per inseguire il sogno di diventare calciatore professionista e il timido e taciturno adolescente sui campi di La Masia, il centro giovanile del club catalano. E poi gli esordi, le vittorie (tante) e le cadute (poche), i rapporti con i compagni, gli allenatori, la rivalità con Cristiano Ronaldo, gli inevitabili paragoni con Maradona, le polemiche sulla gestione del suo patrimonio e della sua immagine, l'amore per la moglie Antonella e per il figlio Thiago. Una vita perfetta, cui manca solo un tassello per diventare leggenda. È per questo che, dopo il 13 luglio 2014, data della finale al Maracanã di Rio de Janeiro, per lui niente sarà più come prima.

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