55 vasche: Le guerre, il cancro e quella forza dentro
- Autore
- Mimmo Cándito
- Editore
- Rizzoli
- Pubblicazione
- 14/01/2016
- Categorie
Uno-due, respiro, uno-due, respiro, la bracciata lunga, il fiato rilassato, le gambe battevano il crawl come un piccolo motore, e via un’altra vasca e via una ancora. Ebbi appena un attimo di incertezza. Poi dissi a me stesso: ora fagli vedere tu, al tumore, chi sei. Lo dissi quasi parlando, come se non stessi nell’acqua, tanta era l’energia vitale che sentivo dentro di me. 26, 27, 28, ero una macchina furiosa che macina lo spazio e il tempo. Poi 40, poi 50, e non mi fermavo ancora, 51, 52, 53... Decisi che a 55 poteva bastare. Mi arrampicai su per la scaletta. Con un sospiro d’orgoglio, guardai in alto, il sole, e l’azzurro luminoso del cielo.
Non basta aver visto mille volte la morte da vicino, brutale e vigliacca come può essere solo nelle guerre che non risparmiano i civili: bambini, donne, indifesi. Non basta a placare lo sgomento quando ti senti dire che hai un cancro al polmone, speranze di sopravvivenza 0,0.
Non basta a Mimmo Cándito, inviato per decenni sui fronti più caldi del pianeta, dall’Afghanistan al Libano. Non basta, eppure aiuta a chiamare per nome la paura, a resistere al dolore. Così come non basta eppure aiuta l’amore per lo sport che Cándito ha sempre avuto, lui che da ragazzo è stato vicecampione juniores di sciabola e pivot in una squadra di pallacanestro che è stata Nazionale italiana all’estero. E soprattutto queste due esperienze – in guerra e come atleta – aiutano a guardarsi dentro per andare a scovare quelle energie nascoste che permettono di affrontare a testa alta la battaglia per la propria vita, per le persone che si amano.
55 vasche è un memoir da pelle d’oca in cui Cándito, con una penna nobile ed emozionante, racconta la sua lotta contro la malattia, intrecciandola con i ricordi toccanti di trent’anni da inviato. E spiega perché, e come, davanti al tumore abbia scelto di essere combattente e non condannato. In un libro che è un inno alla vita, e può spronare ciascuno di noi.
Non basta aver visto mille volte la morte da vicino, brutale e vigliacca come può essere solo nelle guerre che non risparmiano i civili: bambini, donne, indifesi. Non basta a placare lo sgomento quando ti senti dire che hai un cancro al polmone, speranze di sopravvivenza 0,0.
Non basta a Mimmo Cándito, inviato per decenni sui fronti più caldi del pianeta, dall’Afghanistan al Libano. Non basta, eppure aiuta a chiamare per nome la paura, a resistere al dolore. Così come non basta eppure aiuta l’amore per lo sport che Cándito ha sempre avuto, lui che da ragazzo è stato vicecampione juniores di sciabola e pivot in una squadra di pallacanestro che è stata Nazionale italiana all’estero. E soprattutto queste due esperienze – in guerra e come atleta – aiutano a guardarsi dentro per andare a scovare quelle energie nascoste che permettono di affrontare a testa alta la battaglia per la propria vita, per le persone che si amano.
55 vasche è un memoir da pelle d’oca in cui Cándito, con una penna nobile ed emozionante, racconta la sua lotta contro la malattia, intrecciandola con i ricordi toccanti di trent’anni da inviato. E spiega perché, e come, davanti al tumore abbia scelto di essere combattente e non condannato. In un libro che è un inno alla vita, e può spronare ciascuno di noi.
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