Letture facoltative (Biblioteca Adelphi)

Nei lontani anni Sessanta W. Szymborska, incuriosita dal divario fra l’attenzione che i recensori riservano ai libri ‘nobili’ (narrativa, saggistica storico-politica, classici), destinati tuttavia a restare in buona parte sugli scaffali delle librerie, e il vasto successo riscosso da libri di tutt’altro genere (quelli di banale divulgazione scientifica, manuali del fai da te, almanacchi), decise che valeva la pena di dedicare proprio a questi ultimi qualche considerazione. Non da critico professionista, certo, ma da amateur, usando il libro come pretesto per divagazioni in punta della sua caustica penna: «In ultima analisi mi sono resa conto di essere e voler restare una lettrice amatoriale, su cui non gravi l’imperativo di un’incessante valutazione. Per me, talvolta, il libro può costituire l’argomento centrale, talaltra solamente il pretesto per abbandonarmi a fuggevoli associazioni di idee».
Da allora questa eccentrica opera di scavo non si è mai interrotta, e continua a produrre anche nel nuovo secolo i suoi frutti sapidi di humour: da un malizioso commento sull’incontro tra Andersen e Dickens agli inconvenienti del vivere quotidiano a corte nella sfolgorante Polonia settecentesca; dalle improbe fatiche cui medium e occultisti devono sobbarcarsi in privato per esercitare al meglio le loro arti alle insospettate possibilità espressive dell’alfabeto cinese; dall’esilarante cronaca di una serie di non-incontri con Czesław Miłosz al ritratto ammirato di Alfred Hitchcock – un personaggio che, per il gusto dei particolari con alone di suspense e le chiuse fulminanti, in fondo le assomiglia.

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