Talvolta un libro: Francesca da Rimini nata da Polenta

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Talvolta un libro: Francesca da Rimini nata da Polenta
Autore
Antonella Polenta
Editore
Elmi's World
Pubblicazione
16/06/2016
Valutazione
2
Categorie
Gradara, nel XIII secolo, è un ameno borgo medievale situato nelle Marche al confine con la Romagna che fa da sfondo a una storia d'amore che diventerà storia. Il libro definito “galeotto” da Dante Alighieri nel Canto V dell’Inferno è causa ed effetto della passionale e, al tempo stesso, tragica relazione tra la bella Francesca e il cognato Paolo.

Il libro è stato finalista al premio letterario editoriale “L’AUTORE”, nella sezione narrativa, indetto dalla Firenze libri.

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Anna Neri

il fascino della storiaAnna Neri

una storia ben costruita sia nel linguaggio che nei riferimenti storici, l'autrice ha sapientemente costruito degli scenari storici attentamente documentati dove i personaggi impressionano la scena trasmettendo al lettore la sensazione di essere presente in quel contesto. Una storia conosciuta superficialmente soprattutto ai molti per la celebre frase riportata nell'Inferno dantesco " galeotto fu il libro e.." ma che in questo libro viene raccontata con grande sensibilità esaltando il sentimento dell'amore con discrezione ma nel contempo come condizione necessaria per ogni essere umano a prescindere dal ceto sociale e dalle condizioni di vita .Non aggiungo altro per non disperdere quella sensazione di pienezza che mi ha trasmesso la lettura del libro e con i personaggi che ancora vagano, quali ospiti graditi della mia mente, vi dico solo : Leggetelo!

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Antonella Polenta Antonella Polenta Grazie mille Anna Neri sia per la recensione sia per la valutazione!

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Antonella Polenta

"Galeotto fu il libro e chi lo scrisse"Antonella Polenta

Ho letto e riletto “Talvolta un libro” di Antonella Polenta (Nomina sunt omina) e ho potuto apprezzare la sapiente e documentata ambientazione storica e sociale di un periodo effervescente della nostra storia, a cavallo fra il tramonto del Medioevo e l'Umanesimo-Rinascimento, descritto amorevolmente con linguaggio di proposito ricercato e aderente alla realtà anche nei minimi particolari. L'impatto di Francesca nel defilato ambiente sociale-politico di Gradara è abbagliante: la sua bellezza fisica e la sua seducente eleganza colpisce tutti e movimenta il chiacchiericcio del vivace Borgo cresciuto ai piedi del Castellare. Anche Lanfranco, giovane figlio dello speziale del borgo, solitario appassionato di libri e cultore della letteratura cavalleresca e dello Stil Nuovo, rimane colpito dalla bellezza di Francesca, ma questo primo impatto con lei è destinato a diventare sconvolgente a mano a mano che un complesso di circostanze lo porteranno a conoscerne la fascinosa personalità, al di là delle saccenti illazioni che svolazzavano per le botteghe e le locande del paese. Dalle prime frequentazioni al castello Lanfranco scopre la soave colloquialità di Francesca, la sua gentilezza d'animo, le amorevoli attenzioni per la piccola amata Concordia e qualche consonanza d'intenti per la sua passione per la donna idealizzata e quindi se ne innamora: "Amor che al cor gentil ratto s'apprende". Eppure sul volto di questa nobildonna aleggia un velo di mestizia che però ne aumenta il fascino! Evidentemente l’amore che la muove comprende l'amor cortese ma non si ferma lì! Tutti i personaggi sono mossi da quel venticello leggero e da quell'alito lieve che soffia nella porziuncola, luogo in cui Francesco morì, e che Francesca avrebbe voluto visitare con suo marito Gianciotto; ma anche in tutti i luoghi della sua infanzia e giovinezza che nostalgicamente ricorda negli incontri ora più frequenti, perché sollecitati anche da Lanfranco e da lei promossi anche con qualche dolce al miele e con qualche sorso di Albana rigorosamente versato in scintillanti coppe d'oro. Ma neanche questo "Amor che a nullo amato amar perdona" appaga Francesca! Evidentemente fa parte del suo mondo, se suscita tanta struggente nostalgia, ma non si completa nel suo animo! Lanfranco lo avverte da certi comportamenti insoliti alla presenza del bel Paolo; da certe risposte un po’ risentite circa il rapporto tra Francesco e Chiara che lei concepisce assolutamente paritario; da certe osservazioni circa il trattamento del prigioniero martoriato nel carcere del castello; ma anche nello scatenarsi in se stesso di tempeste ormonali e di morsi di gelosia al di là della sua passione per l'amore gentile; ultimamente anche da certi stranissimi comportamenti dei famigli del castello. E allora, novello Ulisse dantesco e prigioniero incatenato come nel mito della Caverna di Platone, Lanfranco si libera delle catene e va ad osservare direttamente il mondo della Verità al di là delle opinioni di tutti. È questa verità che lo libererà, anche con l'aiuto delle stelle, dallo sconvolgimento subito e ne acquieterà l'animo inducendolo a superare lo sconforto nell'accogliere nella casa ingrigita quella fiammella di familiarità che avrebbe riacceso la luce dell'amore: Margherita. "Amor condusse noi ad una morte": quello che ha scoperto Lanfranco lo possiamo vedere da quello stesso occhiello fatto praticare da Giovanni Malatesta sulla parete della stanza di Francesca e posto sull’immagine di copertina di questo libro: la morte ha realizzato il sogno di Francesca e spinto Giangiotto fin sotto a Caina; un amore totale che abbraccia la bellezza rarefatta della donna idealizzata; ma anche la bellezza carnale del bacio che le donne di malaffare non comprendevano nel loro prezzario; ma anche la bellezza di ogni tipo di amore quando si condivide con gli altri ma, soprattutto, la bellezza della libertà di sceglierlo in chi si rispecchia nell'altro allo stesso modo di Francesco e Chiara, paritariamente contribuendo alla gloria di Dio. È questo "L'amor che move il cielo e l'altre stelle". In questa stupenda sintesi poetica di Dante mi piace chiudere questa serie di osservazioni ed emozioni che la lettura del libro, semplicemente bello, mi ha regalato ringraziando l'Autrice per avermi offerto l'opportunità di rileggere con sguardo più ricco e profondo l'opera di Dante e congratularmi con la casata dei “da Polenta”, di cui Francesca andava giustamente orgogliosa, per aver partecipato a quella deliziosa gara di ospitalità fissando alla colonna della piazza di Berti-in-oro, mi piace immaginare, l'anello più fortunato al quale Dante ha assicurato il suo mantello. Giuseppe Anella

Antonella Polenta Antonella Polenta

Antonella Polenta Antonella Polenta Mille Grazie...Bellissima recensione!

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