La trilogia di Piazza d'Armi

Comprende tre romanzi già pubblicati separatamente: Cara, porto fuori il cane, La vita è sogno e Ritorno su Solaris, con alcuni piccoli ritocchi e integrazioni per adattarli a essere incorporati in una "trilogia".

Ma che cos'è una trilogia?

Qualche anno fa avrei cercato la definizione sullo Zanichelli o sulla Treccani, ma oggi tutti usano Wilkipedia, e io mi adeguo.

Su Wilkipedia definizione di trilogia è questa:

"Trilogia è un insieme di tre distinte opere di uno stesso autore (di genere narrativo,cinematografico o altro) collegate da una forte connessione tematica o anche stilistica tra di loro, che possano essere considerate sia come singole opere indipendenti sia come un unicum artistico."

Può venire quindi spontaneo il dubbio: che senso ha definire "trilogia" questa mia raccolta di tre brevi romanzi, anzi due romanzi e una raccolta di racconti brevi, apparentemente così diversi e dissimili da loro?

Eppure io la sento tale, proprio come un "unicum", più o meno artistico.

Infondo il Marco della prima parte della trilogia e il Paolo dell'ultima, sono la stessa persona, esternazioni del mio essere. Il lettore attento coglierà l'analogia di gusti musicali dei due personaggi, a partire dall'amore per l'ultimo Beethoven, o l' affinità nell'apprezzare una meraviglia architettonica, dalla chiesetta di Rio alla imponente cupola del Brunelleschi.

Ancora più dissimile dai due romanzi, l'intermezzo, la raccolta di racconti.

Ma anche qui i sogni sono intrecciati della stessa visione, intrisa di un profondo senso del valore dell'essere creature umane piene di difetti, aspirazioni e, appunto, sogni.

Non per nulla anche la prima e ultima parte della trilogia sono anch'essi, in modo diverso, dei fantastici sogni.

Solo successivamente proprio un sogno, per restare in tema, mi ha convito ad aggiungere un epilogo scherzoso, tratto dal mio libro Il Carteggio, col fine di stemperare gli animi commossi (spero!) dalle storie precedenti forse troppo serie e rasserenare l’uditorio prima del congedo finale, con l’ambizione (sicuramente esageratamente ambiziosa) di ottenere un risultato analogo a quello che si proponeva il dramma satiresco nelle tetralogie greche.

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