MA TU NON LI VEDESTI

La primavera del 1968 è memorabile, soprattutto quella di Praga, il motivo della quale non risiede però nello sbocciare di tanti fiori, bensì nel sacrificio di Jan Palach, che si immolò, dandosi fuoco in piazza San Venceslao, cuore della capitale Cecoslovacca, per protestare contro la repressione sovietica ordinata da Brežnev, che lì fece arrivare numerosi carri armati per soffocare l’anelito di libertà del popolo.
Tuttavia, per me lo è anche la primavera di Banzi, durante la quale, all’età di diciassette anni non ancora compiuti, presi fuoco anch’io, acceso da un’improvvisa passione d’amore: ma non mi immolai, mi limitai solo a cominciare a scrivere poesie.
Una delle prime descrive ciò che pensavo di fare una notte: posare avanti la finestra della camera, ove dormiva la colpevole dell’incendio, un mazzetto di garofani colti di soppiatto nella villa comunale, senza però riuscirci, perché un cane nei paraggi si mise ad abbaiare e, spaventato, lanciai da lontano l’omaggio floreale.
Ma al mattino successivo i garofani non furono visti e raccolti da lei e, probabilmente calpestati, finirono nella spazzatura.
Il titolo di quella poesia, quale antesignana della successiva produzione, ho pensato essere il più appropriato per denominare emblematicamente tutta la raccolta.
La responsabile dell’incendio sopra detto è diventata poi mia moglie, ho cessato di scrivere poesie e mi sono messo a fare figli con lei.
Tuttavia, ad altri incendi ho dovuto far fronte successivamente, causato da colpevoli diverse, per smorzare i quali ho fatto ricorso ancora a composizioni poetiche.
Il bisogno di esprimere le intime sensazioni che attraversano l’animo, soprattutto quelle suscitate da sentimenti d’amore, prescinde dalla fortuna del successo, è semplicemente uno sfogo naturale, come l’acqua che viene fuori dallo sciogliersi della neve e scende giù dai monti, noncurante che vada a confluire nel mare o ad inabissarsi sotto terra, o come le stelle che si accendono in cielo e brillano comunque, anche se non saranno mai ammirate da nessuno.
Tuttavia, a me piace sognare che le poesie composte possano alla fin fine servire. Ignorate in questo mondo, chissà, quando sarò approdato in quell’altro misterioso, dove tutto è possibile e c’è “Uno” a cui non sfugge niente, esse riescano a valermi come prova eloquente di essermi comportato qua bene, avendo saputo cogliere la bellezza di Dio manifestatasi elettivamente nella donna. E non c’è donna che non ne sia portatrice, anche quella che può sembrare la più brutta reca nelle sue sembianze la grazia divina.
Ed allora, con questa opera omnia di poesie d’amore non escludo di potermi meritare un grande premio, ovverosia ciò che in questo mondo ho agognato ed espresso in versi: divenuto puro spirito, poter contemplare all’infinito la meraviglia dei volti delle diverse creature che mi avevano incantato.
Nell’aldilà non ci sono le limitazioni e le preclusioni imposte di qua, finisce di essere peccato amare più di una donna e che meraviglia allora poter passare dalla contemplazione di un volto all’altro. Certo, mi sentirò un po’ confuso, perché sembrerà non essermi ancora staccato da questo mondo; mi sentirò attonito, non riuscendo a spiegarmi come faccia a vedere “Alessandra1985” senza essere su un treno.
Tuttavia, presto mi renderò conto che ciò è possibile semplicemente perché mi ritrovo nell’empireo, guadagnato con queste poesie.
Amen!

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