Napoli Russa
- Autore
- Kara-Murza Aleksej
- Editore
- Sandro Teti Editore
- Pubblicazione
- 27/06/2018
- Categorie
Come ricorda Kara-Murza nella sua illuminante nota introduttiva, Napoli rappresentava il capolinea meridionale del tour dei viaggiatori russi. Erano pochi, infatti, quelli che si avventuravano più a sud, a Bari, per esempio, o in Sicilia. L’Europa pareva idealmente finire ai confini di Roma.Napoli e i suoi dintorni stupivano i visitatori venuti dal nord per la natura lussureggiante che richiamava i Tropici, e il golfo di Napoli, secondo un topos ricorrente nei resoconti di viaggio, era identificato col Paradiso terrestre. Il cielo partenopeo appariva così insolitamente azzurro e luminoso che, osservò Gogol’, non esistevano colori in grado di rappresentarlo. Il verde della vegetazione, il riflesso dell’acqua, la visione notturna della volta celeste con le stelle cadenti e le scie delle comete, particolarmente frequenti ai primi del Novecento, impressionavano poeti come Baratynskij e Annenkov e qualsiasi artista russo di passaggio. Il pittore simbolista Dobuzhinsky, sorpreso da una tempesta sulla riva del mare, per poco non congelò, rapito nella contemplazione del cielo e dei fulmini che attraversavano come nastri rosa i cumuli di nubi color cenere e lilla.Inesauribile fonte d’ispirazione fu anche il Vesuvio, il più rappresentativo tra gli elementi del paesaggio napoletano, per l’incantevole baluginio dei suoi fianchi, il pennacchio di fumo, i rivoli di lava che fuoriuscivano dal suo cratere. La presenza vulcanica incombeva ovunque nel golfo: nelle isole di Ischia e di Capri, a Baia, a Pozzuoli e a Sorrento, stimolava la creatività artistica di chiunque si trovasse sopraffatto dalla sua potenza. Karl Brjullov progettò a Napoli L’ultimo giorno di Pompei, celebre tela poi realizzata a Roma e divenuta un baluardo della pittura storicista russa. Lavisita agli scavi di Pompei e Ercolano in Impressioni italiane di Dickens alimentò l’estro del filosofo e letterato Vasilij Rozanov che ne scrisse un’appassionata meditazione sui sottili legami che univano la cultura classica a quella antico-russa.Pavel Muratov fu un osservatore instancabile del tessuto urbano di Napoli, così ricco di stratificazioni storiche e culturali e soggetto nel tempo a incessanti trasformazioni. Le innumerevoli chiese, i palazzi, i monasteri, i reperti dei suoi musei (primo fra tutti il Museo Archeologico) rappresentavano la materia viva dei suoi resoconti, così come la vita quotidiana partenopea e ogni manifestazione della cultura popolare: la folla nei vicoli brulicanti di vita di via Toledo e le rappresentazioni popolari. Muratov, come altri intellettuali russi, si lasciò contagiare dalla vivacità e dall’inventiva dei napoletani, ma vi fu chi, come Belyj e Fet, ne sottolineò i difetti del carattere.A partire dai primi del Novecento, con l’arrivo dello scrittore Maksim Gor’kij, il Golfo di Napoli si trasformò in un importante polo d’attrazione nella vita politico-culturale russa. Villa Serafina a Capri, dal 1911 al 1913, e Villa Sorito a Capo di Sorrento, dal 1925 al 1933, divennero un accogliente rifugio e una tappa obbligata per l’intelligencija russa dell’epoca.
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