Mio nonno era un mago e mia madre era comunista

Ortona a Mare. In una casa dove è sempre estate, divisa con il marito, il contadino-mago e con la sorella zoppa, una signora dal volto sorridente cosparso di lentiggini allegre coltivava fresie.
In quella casa c'era stata anche lei, Luce.
Fanno lunghe passeggiate Luce e la nonna, al porto, quando c'è il pesce per cena, e al camposanto, dove studiano le fotografie dei morti e le differenze fra i marmi.
Si chiama Luce, va da sé che viva con le ombre. Le ombre rimarranno con lei per sempre, anche quando Luce cresce, la madre comunista si ammala e alla nonna viene diagnosticato l'Alzheimer.
Sono al suo fianco quando parte per Lione nel vano tentativo di curare la madre, in un ospedale tagliato fuori dal mondo dal fiume Rodano, circondata da spettri in vestaglia.
Sono con lei quando la bara rosso lacca della madre viene esposta nella piccola cappella del camposanto.
Ma si ritorna sempre a casa e così farà anche Luce.
Durante una visita nel paese affacciato sul mare, si ritroverà di fronte al giardino della nonna. Lei non c'è più e ci metterà un po' a superare il cancello, immobilizzata dalla sensazione che un esercito di fantasmi in schieramento d'attacco stia per sopraffarla.
«Sursum corda, Luce mia!» Bacio e abbraccio. «Semper, nonna! Ti voglio bene.» Abbraccio fortissimo.

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