Un weekend lungo una vita

Aurelia, insegnante sessantenne in una scuola del quartiere ZEN di Palermo, abita in una cittadina balneare a 40 km. dalla città. Vive in una piccola casa fuori paese insieme a tre cani e un gatto, che ama e cura, come fa con il giardino che ha impiantato da sé.
Separata dal marito da anni, ha deciso di non convivere più con nessuno. Solo durante il week-end, riceve il suo attuale compagno Mimmo, con il quale vive una relazione punteggiata da separazioni e riconciliazioni.
Il week-end a cui si riferisce il titolo si svolge in maniera banale, come tanti altri trascorsi fra stanchi pranzi e colazioni comuni e molte ore di occupazioni solitarie ma, man mano che le ore passano, Aurelia si infastidisce sempre di più della noia abitudinaria che pesa sulle giornate e dei silenzi di Mimmo appiccicato alla TV o al suo PC per giocare on-line.
I comportamenti privi di desideri, di vitalità e di empatia di Mimmo la spingono a fare il punto: “che ci faccio io con questo tipo? Come ci sono arrivata dopo tutto quello che ho passato nella mia vita?”
Nel bilancio, c’è un’infanzia ribelle tra una madre “cattiva”, un padre severo e spesso assente, un nonno adorato morto troppo presto, due fratelli e una sorella, in un appartamento sovrappopolato dove egoismi, perbenismo e ipocrisie portano a distruggersi a vicenda.
Ci sono poi le fughe di Aurelia adolescente. Ma, tra questi ricordi, il più tragico, che ancora brucia, è il suicidio del fratello di 17 anni, capro espiatorio della famiglia ed unico in casa a cui lei si sentiva vicina.
Neanche il capitolo riguardante gli uomini che Aurelia ha amato o avrebbe potuto amare è un capitolo felice, costellato com’è di disillusioni e impossibilità.
I ricordi dolorosi sono controbilanciati da quelli più gradevoli, come la scoperta del mondo attraverso la letteratura, i libri di Verne, Stevenson e Virginia Woolf, Sartre, Moravia e Pirandello; la colonna sonora dell’adolescenza e di tutta la vita, con le canzoni dei Platters, di Lucio Battisti o Aznavour; la relazione con la figlia Francesca; la scoperta tardiva ma appassionata dei cavalli, le sue cavalle Nadir e Bambi e la partecipazione ai concorsi di salto a ostacoli; l’amore innato e ben ripagato di Aurelia per tutti gli animali.
Questi flashback e le conversazioni con le amiche, permettono di comprendere meglio le reazioni di Aurelia nei confronti di Mimmo, a una prima impressione attribuibili a un cattivo carattere che non perdona mai debolezze e mancanze.
Progressivamente si svelano crepe, difficoltà e forza di una donna che cerca di essere sé stessa e di guadagnare la sua libertà: libertà dai pregiudizi della sua famiglia e della società, libertà di amare o di non amare più, libertà di essere in un mondo che tende a confinare le donne in ruoli che la protagonista non accetta.
Alla fine del week-end, un evento luttuoso e il comportamento di Mimmo in questa circostanza porteranno Aurelia a liberarsi dalla prigione del rapporto nel quale si era progressivamente rinchiusa. Volontariamente o suo malgrado?
La voce narrante, che è quella della protagonista, prende in giro l’inetto Mimmo, altri uomini incontrati e, qualche volta, anche sé stessa. Ma alterna anche tenerezza e intimo dolore al registro principale, che è quello ironico e sarcastico.

 

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