Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio in Italia
- Autore
- Nello Rosselli
- Editore
- Bauer Books
- Pubblicazione
- 27/11/2018
- Categorie
Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860- 1872)
Avvertenza dell’autore al principio del libro.
La storia del primo movimento operaio italiano è sconosciuta o quasi, eppure di superlativo interesse: la vivacissima lotta di tendenze che in esso si manifestò fin dal principio, tendenze che ancor oggi sotto altro nome si contendono un terreno ben altrimenti piú vasto in tutti i paesi civili di Europa, vale non solamente ad attestarcene la complessità e la ricchezza di motivi e di sviluppi (quali non poteva non presentare un movimento che informò poi largamente di sé la vita della nazione) ma anche ad avvicinarlo a noi, a ravvivarlo quasi si trattasse di vicende attuali, che coinvolgono i nostri interessi e attirano quindi la nostra intensa attenzione.
Molti scrittori mi hanno preceduto nella piacevole fatica di narrar per disteso le fasi di quel movimento, inquadrandolo nell’ambiente morale e politico del tempo; ma o si sono limitati ad ammucchiare alla rinfusa e senza discernimento l’abbondante materiale o, ed è questo il caso piú generale e dal punto di vista storico piú deplorevole, si sono avvicinati al tema con spirito partigiano; v’è chi si è limitato allo studio del movimento operaio mazziniano, mantenendo uno sdegnoso quanto stupido riserbo sul contemporaneo movimento internazionalista; v’è chi ha fatto precisamente l’opposto. Tutti comunque hanno compiuto opera meritoria raccogliendo, ciascuno nel proprio campo, una ricca messe di notizie: io ho pensato di abbattere i confini piantati fra un campo e l’altro, aiutando cosí il lettore ad abbracciarli con una sola occhiata. Strano a dirsi, vicende cosí vicine a noi sono tuttora avvolte in un fitto velo d’incertezza quale forse non avvolge avvenimenti di qualche secolo addietro; gli è che gran parte del materiale, che avrebbe valso ad illuminarle, è non so se disperso o distrutto, certo non rintracciabile. Per parte mia non ho davvero esaurito il materiale conservato e consultabile; ma, giunto a questo punto delle mie ricerche, mi è parso di poter già dire qualcosa di non detto e interessante.
Mia cura costante è stata quella di mantenere, in un argomento cosí gravemente compromesso dalle deformazioni partigiane, dalle frasi fatte, dalle facili generalizzazioni e dai giudizi alla brava, una rigida obiettività, alla quale ho forse qua e là sacrificato un po’ della vivezza del racconto. Ma non so pentirmene.
Un altro volume, al quale attendo, riprenderà il filo della narrazione qui interrotta al 1872 per condurlo almeno fino alle soglie del secolo XX.
Avvertenza dell’autore al principio del libro.
La storia del primo movimento operaio italiano è sconosciuta o quasi, eppure di superlativo interesse: la vivacissima lotta di tendenze che in esso si manifestò fin dal principio, tendenze che ancor oggi sotto altro nome si contendono un terreno ben altrimenti piú vasto in tutti i paesi civili di Europa, vale non solamente ad attestarcene la complessità e la ricchezza di motivi e di sviluppi (quali non poteva non presentare un movimento che informò poi largamente di sé la vita della nazione) ma anche ad avvicinarlo a noi, a ravvivarlo quasi si trattasse di vicende attuali, che coinvolgono i nostri interessi e attirano quindi la nostra intensa attenzione.
Molti scrittori mi hanno preceduto nella piacevole fatica di narrar per disteso le fasi di quel movimento, inquadrandolo nell’ambiente morale e politico del tempo; ma o si sono limitati ad ammucchiare alla rinfusa e senza discernimento l’abbondante materiale o, ed è questo il caso piú generale e dal punto di vista storico piú deplorevole, si sono avvicinati al tema con spirito partigiano; v’è chi si è limitato allo studio del movimento operaio mazziniano, mantenendo uno sdegnoso quanto stupido riserbo sul contemporaneo movimento internazionalista; v’è chi ha fatto precisamente l’opposto. Tutti comunque hanno compiuto opera meritoria raccogliendo, ciascuno nel proprio campo, una ricca messe di notizie: io ho pensato di abbattere i confini piantati fra un campo e l’altro, aiutando cosí il lettore ad abbracciarli con una sola occhiata. Strano a dirsi, vicende cosí vicine a noi sono tuttora avvolte in un fitto velo d’incertezza quale forse non avvolge avvenimenti di qualche secolo addietro; gli è che gran parte del materiale, che avrebbe valso ad illuminarle, è non so se disperso o distrutto, certo non rintracciabile. Per parte mia non ho davvero esaurito il materiale conservato e consultabile; ma, giunto a questo punto delle mie ricerche, mi è parso di poter già dire qualcosa di non detto e interessante.
Mia cura costante è stata quella di mantenere, in un argomento cosí gravemente compromesso dalle deformazioni partigiane, dalle frasi fatte, dalle facili generalizzazioni e dai giudizi alla brava, una rigida obiettività, alla quale ho forse qua e là sacrificato un po’ della vivezza del racconto. Ma non so pentirmene.
Un altro volume, al quale attendo, riprenderà il filo della narrazione qui interrotta al 1872 per condurlo almeno fino alle soglie del secolo XX.
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