Il dramma di Celestino V
- Autore
- Amedeo Bonifacio
- Pubblicazione
- 07/12/2018
- Categorie
Anche altri insigni studiosi della nostra epoca come il Golinelli professore di storia medievale scrive su Celestino e già nel titolo però lo apostrofa come “il papa contadino”. Quasi che l’alone di leggenda che avvolge la sua persona sia l’origine della sua grandezza.
Come al solito, pur di colpire l’immaginario collettivo si tende a coprire la verità su Celestino e sulla sua grandezza con veli di inadeguatezza.
A questo punto del mio interesse per Celestino V mi accorsi che le notizie che riuscivo ad avere contrastavano le une con le altre addirittura Dante contemporaneo di Celestino sente il bisogno di parlarne e al contempo di denigrarlo. Nel canto III dell'Inferno Dante lo condanna all'Inferno collocandolo tra i pusillanimi perché, secondo il poeta tradisce le aspettative di quanti avevano creduto in Lui.
"Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto."
Quando ebbi a rileggere i versi di Dante la domanda alla quale dovevo rispondere era chiara: “sarà mai possibile che poeti dall’immensa cultura quale Dante e dal grande agone politico quale jacopone da Todi avessero potuto mettere nelle mani di Celestino V le loro aspettative etiche e politiche se questi non fosse stato all’altezza o meglio se questi fosse stato inadeguato?”
Come al solito, pur di colpire l’immaginario collettivo si tende a coprire la verità su Celestino e sulla sua grandezza con veli di inadeguatezza.
A questo punto del mio interesse per Celestino V mi accorsi che le notizie che riuscivo ad avere contrastavano le une con le altre addirittura Dante contemporaneo di Celestino sente il bisogno di parlarne e al contempo di denigrarlo. Nel canto III dell'Inferno Dante lo condanna all'Inferno collocandolo tra i pusillanimi perché, secondo il poeta tradisce le aspettative di quanti avevano creduto in Lui.
"Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto."
Quando ebbi a rileggere i versi di Dante la domanda alla quale dovevo rispondere era chiara: “sarà mai possibile che poeti dall’immensa cultura quale Dante e dal grande agone politico quale jacopone da Todi avessero potuto mettere nelle mani di Celestino V le loro aspettative etiche e politiche se questi non fosse stato all’altezza o meglio se questi fosse stato inadeguato?”
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