Memorie della mia vita
- Autore
- Giovanni Giolitti
- Editore
- L'Universale
- Pubblicazione
- 13/11/2019
- Categorie
All’alba del Ventesimo secolo, prima ancora del ventennio mussoliniano, l’Italia è stata, per quindici lunghi anni, giolittiana. Erano stati anni di progresso quelli che avevano separato il primo anno del Novecento a quel 1915 che fece piombare il Regno nella sanguinosa e tragica ma vittoriosa Grande Guerra. Quando il 3 novembre del ‘03 Giovanni Giolitti divenne capo del governo in seguito alle dimissioni del democratico Giuseppe Zanardelli, il censimento rivelava che i sudditi di Vittorio Emanuele III erano trentatré milioni e ottocentomila. Intanto in Inghilterra era morta, dopo sessantatré anni di reame, la regina Vittoria; Giuseppe Melchiorre Sarto, Pio X, veniva eletto papa e il ministro degli Esteri Giulio Prinetti rinnovava la Triplice Alleanza al fianco di Germania e Austria-Ungheria. Durante l’età giolittiana, l’Italia riuscì a raggiungere il tanto aspettato pareggio di bilancio; uscì dalla recessione, vide crescere l’industrializzazione e la modernizzazione delle imprese, vinse la sua prima guerra, quella mossa all’Impero Ottomano per ottenere la Libia e venne attuata una progressiva legislazione sociale che culminò col suffragio universale del ‘12. E il suffragio, che concedeva il diritto di voto ai cittadini maschi che avevano compiuto trent’anni, o appena ventuno anni se avevano prestato servizio militare, portò gli elettori da poco più di tre milioni a otto milioni e mezzo. Il risultato fu che la maggioranza giolittiana risultava più eterogenea rispetto al passato, quando i liberali entravano in parlamento uniti e compatti sotto l’ombrello del loro leader politico. Giolitti, come conseguenza, affondò, colpito dalle proprie riforme, così come accadde nello stesso periodo al transatlantico britannico Titanic colpito dall’iceberg. Nel marzo del ’14 Giolitti rassegnò le dimissioni, lasciando la carica da presidente del Consiglio al giurista pugliese, agrario e uomo di punta della destra liberale Antonio Salandra. Il quale, un anno più tardi, insieme al re e al ministro degli Esteri Sidney Sonnino dichiarava guerra all’Austria-Ungheria, mettendo fine all’età liberale giolittiana, trascinando l’Italia nella guerra più spaventosa che la Storia avesse vissuto e portando a conclusione il processo risorgimentale, trasformando il conflitto mondiale nella Quarta Guerra per l’indipendenza.
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