Storia dei Regni iberici

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Storia dei Regni iberici
Autore
Michele Migliaccio
Editore
L'Universale
Pubblicazione
07/03/2020
Categorie
Parlare della “Spagna imperiale asburgica” tra il 1469 e il 1700 significa descrivere una realtà che è stata qualcosa di più complesso se non addirittura diverso, da quello che queste tre semplici parole possono lasciarci intendere. Per iniziare, quando ci si riferisce alla Spagna in età moderna ci si riferisce a qualcosa che non esisteva. Esistevano dei regni che, nel corso dei secoli, si erano sviluppati nella penisola iberica. Si tratta di una differenza fondamentale, perché le differenze politiche e socio-economiche di questi regni, saranno alla base della creazione della federazione di regni. Inesatto è anche il termine imperiale, poiché solo Carlo V cingerà la corona imperiale grazie ad una parte della sua ascendenza paterna che gli favorirà l’elezione. Al momento dell’abdicazione Carlo cederà invece i titoli austriaci al fratello, favorendolo così nell’elezione imperiale, mentre al figlio affiderà quelli iberici, sancendo così la nascita di due rami diversi, anche se legati, della casa d’Asburgo. È sulla casata asburgica che occorre fare l’ultima precisazione, perché se è vero che con Carlo V gli Asburgo salirono al trono nei regni iberici, è vero anche che questi regni avevano, fino a quel momento, elaborato delle strutture politiche e socio-economiche che il nuovo sovrano troverà già mature e caratterizzate così in profondità da rendere difficili se non impraticabili i tentativi di una riforma accentratrice. Da queste precisazioni è opportuno partire per osservare l’evoluzione di quella che, più correttamente, possiamo definire come fa John Elliot, “Monarchia composita iberica” per sottolineare le differenze e le peculiarità che la caratterizzarono. Una seconda problematica riguarda la discussione sullo stato moderno, cioè l’affermazione presso gli storici dell’idea che in quelle entità statuali, sviluppatesi in epoca moderna vi fossero le prime tracce dello stato contemporaneo, seppure in forma incompiuta . Secondo questa interpretazione al centro si trovava il principe, unico e legittimo titolare del potere pubblico, il quale si avvaleva di un esercito permanente e di una vasta burocrazia, articolata nelle cariche di governo e nei consigli che lo affiancavano, nonché in un’ampia rete di magistrati e di funzionari diffusa in tutte le regioni. Un sovrano che lottava contro le giurisdizioni particolari per accentrare nelle proprie mani l’autorità pubblica e ridurre ogni potestà intermedia tra i cittadini e sé stesso e che tendeva a conquistare la pienezza della produzione normativa, imponendo la propria legge. Questa visione contrasta però con la monarchia composita iberica, con le sue istituzioni, le sue consuetudini e le scelte politiche, che, benché avessero trovato in certi momenti una strutturazione e un’organizzazione abbastanza stabile, dovevano essere sempre sottoposte a modifiche e precisazioni a causa degli eventi e dell’enormità dei territori che dovevano essere amministrati. Le istituzioni della monarchia composita iberica raggiunsero sì un elevato grado di strutturazione e certamente ben funzionarono, se poterono durare fino al 1700, ma i particolarismi locali e cetuali, con i quali dovevano raggiungere continui compromessi, impedirono, soprattutto nel seicento di attuare una maggiore centralizzazione del potere, cioè uno degli elementi fondanti dell’idea dello stato moderno. È quindi analizzando queste istituzioni che si comprendono i punti di forza e di debolezza che caratterizzarono la monarchia composita. In questa relazione ho cercato appunto di descrivere, sommariamente e certamente non in maniera esaustiva, alcune di quelle istituzioni che fecero funzionare la monarchia composita. Mi sono concentrato in particolare sui parlamenti, sui consigli e sui viceré, oltre che su alcune figure politiche che si possono considerare centrali nella costruzione e nella gestione della monarchia composita.

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