Pizzi neri e merletti grigi
- Autore
- Elisa Averna
- Pubblicazione
- 15/10/2020
- Valutazione
- 1
- Categorie
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Recensioni e articoli
Fantastico per chi ama le ambientazioni ottocentesche — Anna luce
Premetto che questo romanzo, scoperto per caso grazie ad alcuni tag che inserisco spesso alla ricerca di libri precisi, me lo sono litigato con mio marito. Io sono “ossessionata” da tutte le storie ambientate all’interno di carceri e manicomi. Non perdo mai un film o un libro che tratti questi temi. Mio marito invece è attratto da temi ufologici, esoterici e racconti di fantascienza, quindi ha una predilezione per romanzi che toccano temi misteriosi e i viaggi nel tempo sono pane per i suoi denti. Due piccioni con una fava! Difatti in questo romanzo si parla di viaggio nel tempo e di manicomio. Inoltre io ho una predilezione per le storie ambientate nell'Ottocento. Ammetto di non essere una grande lettrice, per mancanza purtroppo anche di tempo, ma quando scelgo un libro faccio davvero una ricerca capillare finché non trovo quello che cerco. Con questo romanzo ho fatto bingo. Lo ho amato fin da subito. Vorrei dunque spendere qualche parola su ciò che mi ha colpito di questo romanzo, anche se con la scrittura non me la cavo molto bene e non sono neanche una professionista delle recensioni. Ne ho fatte pochissime e più di film che di libri, ma questo libro mi ha catturato mente e cuore in modo incredibile, come da tempo non mi succedeva. Il personaggio di Teresa mi ha fatto un’immensa tenerezza. Una donna sensibile e di onesti sentimenti che si trova a vivere un’avventura che le scombinerà la vita. Teresa, primogenita di una famiglia assai ricca della seconda metà dell’Ottocento, ha una madre malata di lipemania, una specie di depressione, e un padre avaro e anaffettivo. Lei si è ritagliata un suo spazio creando pizzi e merletti per abiti da lutto. Un giorno del 1866 prende il treno per recarsi da una sua cliente. Lungo il viaggio si addormenta e quando riapre gli occhi trova davanti a sé una realtà a lei sconosciuta. Scopre di essere in un treno del futuro, per l’esatezza del 2023. È terrorizzata e i passeggeri la prendono in giro, ridono di lei. Nessuno le crede, nonostante lei dica disperata di essere una donna realmente dell’Ottocento e non un’attrice come i più pensano parlando di candid camera. Teresa rimane scioccata di tutto ciò che vede attorno a lei. Nonostante sia in uno stato emotivo decisamente alterato, cerca di memorizzare oggetti e parole che sente pronunciare dai passeggeri, parole molto lontane dal suo gergo. Alla prima fermata Teresa scende. Ancora in unostato di shok finisce per perdersi in una strada di campagna. Poi non ricorda più niente. Si risveglia accudita da una famiglia del suo tempo. Teresa, anche se non si riprenderà totalmente dallo shock da lei subito a causa di quell’esperinza durata cinque minuti in quel treno del futuro, cercherà di vivere al meglio la sua vita in una famiglia che le dona affetto e attenzioni come da lei mai ricevute. Finirà per innamorarsi di Tonino, figlio unico della famiglia che la ospita e non desidererà più fare ritorno a casa. Il padre però la costringerà a tornare a casa per accudire la madre malata. Teresa, alla morte della madre, cadrà in uno stato di salute simile a quello di cui soffriva la madre. Si sentirà molto sola e tenterà di ricostruire il rapporto con le sue sorelle. Finirà con il confidare la sua esperienza in treno con una di queste che la tradirà nel modo più terribile. Teresa finirà in manicomio. L’autrice qui ci fa entrare nella realtà manicomiale dell’epoca in tutta la sua crudezza. Teresa sarà seguita da un luminare della psichiatria che l’aiuterà a uscire da quell’inferno, credendo in lei. In realtà i passaggi narrativi sono molto più complessi di quanto non li abbia descritti io e succedono tanti fatti a riprova della sanità di mente di Teresa. Non credo di poter dire altro, per non privare nessuno del piacere di scoprire da sé le sorprese che rivela il romanzo. Il finale è davvero unico, incredibile. Non mi vergono a dire che ho pianto, ma davvero l’ho trovato commuovente. Ho aprrezzato tanto il linguaggio non solo nella parte descrittiva ma nei dialoghi, perfettamente aderenti a quelli dell’epoca. Insomma, il lettore stesso leggendo è portato a fare un viaggio nel tempo. Consiglio questo romanzo a chi ama le storie dal gran finale e a chi piace emozionarsi senza riserve.
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Mario Di Mauro Ho appena finito di leggere L'Aquila d'oro. Mi incuriosisce anche questo. Ho letto "Storia della follia "di Focault anni
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