Romanzo Fantasma (Le silerchie)

Stabilitosi a Portsmouth dopo la laurea, il giovane Arthur Conan Doyle – alle spalle un’esperienza come medico di bordo su una baleniera nelle fredde acque della Groenlandia – era assillato dal desiderio di affermarsi nella professione medica e, soprattutto, di emergere come scrittore: dopo alcuni racconti pubblicati anonimamente su importanti riviste britanniche, il suo primo cimento romanzesco si scontrò con l’inefficienza delle poste inglesi, che smarrirono il manoscritto. Il futuro creatore di Sherlock Holmes lo riscrisse quasi per intero, prima di interrompersi e di relegare questo suo Romanzo fantasma nel proverbiale fondo di un cassetto. Il Saggiatore porta ora in Italia, con la curatela di Masolino d’Amico, il testo del prezioso manoscritto, ritrovato nel 2011 grazie alla British Library. Il debutto di Doyle non ha nulla del dinamismo rocambolesco che caratterizza la sua narrativa più matura, ma anticipa curiosamente – e audacemente – le tendenze del romanzo novecentesco, che vede il baricentro narrativo ed emotivo dell’azione spostarsi dall’esterno all’interno del personaggio: in questo caso l’arguto cinquantenne John Smith, costretto a letto da un attacco di gotta reumatica. Smith trascorre la convalescenza osservando con sguardo sottile ciò che accade intorno al suo appartamento, dialogando fra sé e con qualche raro visitatore: il medico, che lo coinvolge in impetuosi entusiasmi positivistici e che agli affezionati sherlockiani ricorderà da vicino il celebre dottor Watson; la compita e mediocre padrona di casa, «prova generale» della devota Mrs Hudson; una giovane e svagata artista, sempre intenta a dipingere alla finestra di fronte; un maggiore dell’esercito in pensione, guerrafondaio della porta accanto; il curato del quartiere, che deplora, incollerito, qualunque scollamento dalla più rigida ortodossia religiosa.
Nel pacato, meditabondo John Smith, Doyle offre un erudito autoritratto giovanile di pensatore all’avanguardia, anticipando, a volte in niente più che veloci bozzetti, i temi che ricorreranno in tutta la sua opera: dai progressi della scienza alla fede – emancipata dal bigottismo delle chiese ufficiali e già pronta a declinarsi in spiritualismo –, dalla riflessione sulla benignità della natura umana all’ammirazione priva di illusioni per l’Impero britannico, dalle piccolezze borghesi alla letteratura.
Questa sua prima prova testimonia allora la vulcanicità creativa di uno degli autori più celebri e amati al mondo, e certo fra i più significativi per la definizione dell’immaginario contemporaneo, a cui – dopo Sherlock Holmes e una delle più ricche produzioni fantastiche dell’Inghilterra vittoriana – lascia ora questo romanzo perduto che, dei fantasmi a lui tanto cari, ha entrambe le qualità distintive: la malinconia e l’inesausto mister

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