Bisogna pur mangiare: Nuove esperienze di cura e testimonianze inedite su anoressia, bulimia e obesità

È nella risposta adattiva all’inquietudine che bisogna collocare i costumi alimentari di questa società, che spesso assurgono a ruolo di sintomi veri e propri. Arrivati a questo punto, quale soluzione si può mettere in campo per attenuare la presa del sistema dialettico, psichico e sociale fondato sul bisogno/frustrazione tipico di una società che potrebbe essere definita tossicomanica? È possibile una rettifica di tale prospettiva dal lato del soggetto, pensando la possibilità di passare dal bisogno all’amore/desiderio? Oppure è sensato agire sull’Altro sociale tentando una modulazione della presa consumistica e di godimento a cui espone?

L’esperienza di cura offerta da Leonardo Mendolicchio a Villa Miralago – residenza sanitaria per la cura dei disturbi alimentari situata in provincia di Varese – si colloca in un contesto terapeutico comunitario dove è ben chiaro che il sintomo alimentare è un mortifero, ma prezioso tentativo di sfuggire all’angoscia legata al bisogno, che mette il soggetto alla mercé di una dipendenza alla quale disperatamente tenta di sottrarsi.

«Quell’ideale di perfezione che si insegue attraverso l’anoressia, per Mendolicchio, non è solo una categoria astratta: è la realtà con cui convivono ogni giorno le ragazze e i ragazzi che, a un certo punto della propria vita, “decidono” di auto-punirsi. Non consapevolmente, certo. Ma di fatto è così: si puniscono. E poco importa che lo facciano per un fallimento, un lutto, una perdita. La cosa che conta, è che lo fanno. Prendendosela col corpo; smettendo di mangiare; combattendo giorno e notte una fame che non fa altro che auto-alimentarsi».
(Dalla prefazione di Michela Marzano)

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