«Gianna» e «Neri»: vita e morte di due partigiani comunisti: Storia di un «tradimento» tra la fucilazione di Mussolini e l’oro di Dongo

Fondatore della 52a Brigata partigiana «il capitano Neri» è un comunista da sempre sospetto alle gerarchie del Pci milanese e al Comando regionale delle Divisioni Garibaldi. Arrestato dalla Brigata Nera sul lago di Como nel gennaio del 1945 con Giuseppina Tuissi, la staffetta «Gianna», riesce a fuggire ma, accusato di tradimento, viene condannato a morte con la compagna di lotta da un tribunale partigiano.
Reintegrato nella «sua» brigata, è fra i protagonisti della cattura e della morte di Mussolini, sventa il tentativo di consegnare il Duce agli Alleati, cura l’inventario del «tesoro» di Dongo, è testimone infine della decisione di Pietro Terzi «Francesco», commissario di guerra del Pci, di fucilare Mussolini e la Petacci. I due cadono a Giulino di Mezzegra per mano di Michele Moretti «Pietro Gatti», di Walter Audisio «colonnello Valerio» e di Luigi Canali che esploderà i due colpi di grazia. Il 7 maggio 1945 «il capitano Neri» scompare a Como: ucciso perché conosceva troppi fatti scomodi o perché in dissenso con i vertici del Pci? «Gianna» ne seguirà la sorte un mese dopo.

Franco Giannantoni (Varese 1938) è autore di numerose opere di ricerca storica sul fascismo e sulla Resistenza. Fra le altre, Guerriglia nell’Ossola (1975), Fascismo, guerra e società nella Repubblica Sociale Italiana (1984), La Resistenza più lunga (1985), Giovanni Pesce, “Visone” un comunista che ha fatto l’Italia (con Ibio Paolucci) (2005), L’ombra degli americani sulla Resistenza ai confini tra l’Italia e la Svizzera (2006), La bicicletta nella Resistenza (con Ibio Paolucci) (2007), La Fine. Gli ultimi giorni di Benito Mussolini nei documenti dei Servizi segreti americani 1945-1946 (con Giorgio Cavalleri e Mario J. Cereghino) (2009).

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