Romanzo giallo scritto per chi predilige i dilemmi polizieschi misteriosi e non facili da risolvere, così che il lettore si possa sentire un po’ investigatore anche lui. Gli indizi per una corretta soluzione non vengono taciuti nel testo ma sono abilmente dispersi e mimetizzati in modo tale che le sorprese e i colpi di scena non mancano soprattutto nel finale. Anche nel corso della vicenda gli enigmi, le curiosità, le ipotesi investigative più elaborate e perfino fantasiose sono ampiamente distribuite capitolo per capitolo e quasi pagina per pagina allo scopo di stimolare in maniera continua e qualche volta assillante l’interesse del lettore. Ciò è costato molta fatica e un impegno puntiglioso ma si ritiene che un vero romanzo poliziesco debba possedere le qualità sopra accennate. Quindi niente distrazioni che hanno il carattere della banalità e che servono soltanto a gonfiare le pagine di moltissimi romanzi con le digressioni più scontate e ripetitive. Le uniche digressioni ammesse sono quelle che servono a meglio illustrare il carattere del personaggio principale (cosa ritenuta necessaria perché egli sarà il protagonista di altri 10 romanzi). Perciò niente erotismo più o meno spinto o sdolcinato, niente violenza gratuita, niente linguaggio osceno o blasfemo e, in aggiunta a tutti questi niente, anche niente tecnicismi e ritrovati moderni che pure si adatterebbero a una ricerca poliziesca, ossia niente indagini basate sul DNA molecolare, sull’uso dei telefonini, sul riconoscimento e la manipolazione computerizzata delle immagini, sulla ricostruzione 3D della scena del delitto; niente telecamere, occhi elettronici, robot, microspie, ma solo e unicamente il cervello umano con le sue intuizioni e deduzioni, aiutato da poco altro come le vecchie e gloriose impronte digitali (usate con parsimonia e quasi assenti anche loro), le orme sul pavimento o sul terreno, e qualche vecchia fotografia che può capitare sotto gli occhi degli investigatori. Qualcuno dirà: questo è il sistema dei romanzi polizieschi del secolo scorso e divenuti ormai classici. Esatto! Chi non ammira ancora oggi la genialità di non pochi romanzi di Agatha Christie, di Ellery Queen, e specialmente di Dickson Carr, di Van Dine e di qualche altro autore, nonché i racconti di Allan Poe e di Chesterton? La semplicità dei mezzi accompagnata da un abile intreccio sono le doti migliori per questo genere di romanzi i quali devono arrivare all’epilogo con una conclusione sorprendente ma nondimeno con una logica ferrea, risultato dell’intelligenza umana unica e sola. Il protagonista di questo romanzo (il suo Sherlock Holmes, il suo Poirot, il suo dottor Fell, il suo Philo Vance pur non rispecchiando nessuno di tali personaggi perché inventato in maniera del tutto originale) di nome Flinde usa infatti unicamente il proprio cervello per risolvere l’enigma. Si tratta di un delitto avvenuto in una villa signorile dove la padrona di casa ha voluto invitare i suoi amici per un intrattenimento serale contrassegnato da comportamenti piuttosto ambigui come ambiguo risulterà essere soprattutto lo scopo di tale invito. Così nell’incertezza la serata diventa noiosa ed ancora più lo diventa con il progredire della notte. C’è però un ultimo ospite che deve arrivare. Soltanto con l’arrivo di costui la padrona di casa promette che scoprirà il suo gioco. Ma poco prima di ciò ecco avvenire il delitto a scuotere l’apatia di un intrattenimento piuttosto insipido. Uno dei presenti è stato ucciso, ed il colpevole non può essere che ricercato tra gli ospiti. Sembra però impossibile stabilire chi sia e nemmeno il movente è chiaro. Le Forze dell’Ordine non sanno che fare. L’arrivo dell’ultimo invitato nel cuore della notte non dipanerà subito il mistero, tuttavia in lui si paleserà ben presto un investigatore di genio. Purtroppo non è finita: l’assassino vuole un’altra vittima; ci sono degli strascichi orrendi e misteriosi. La strada delle indagini è ancora lunga…
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