Albero secolare

Il romanzo prende il nome dal platano piantato dal padre del protagonista Primo Lanterna alla sua nascita. Lo ritrova
prodigiosamente, quando ad età avanzata acquista una casa a ridosso dei Colli Albani, per cui dall’Aurelia, nel nord di
Roma, la sua vita procede in varie zone, fino a giungere al sud dell’Appia – la Regina viarum – quando acquista una
casa a ridosso dei Colli Albani.
La vicenda, quindi, è ambientata nella magnifica Città – Caput mundi – amata dal protagonista, non soltanto perché
ha avuto il privilegio di nascervi e di svolgervi la sua intera esistenza, secolare come l’albero, ma anche perché è la
Città eterna, grandiosa per la civiltà e la bellezza intramontabile della cultura e dell’arte, dall’universalità romana alla
cattolicità.
Nell’ambito dell’associazione Repubblica de Roma nostra, che opera fattivamente nel Villaggio dell’Acquedotto,
non sono soltanto applicati i princìpi della democrazia popolare, dell’uguaglianza, della giustizia, della solidarietà,
della convivenza pacifica, ma risplende l’attaccamento grande alla storia e alla bellezza di Roma, da difendere e
valorizzare nella quotidianità.
La storia si sviluppa lungo tutto il 1900, il secolo funestato dalle due devastanti guerre mondiali, che incidono
gravemente sulla vita della gente, costretta a interminabili privazioni e sofferenze, senza cancellare la speranza del
popolo romano autentico, che è tollerante, solidale e senza pregiudizi.
Primo Lanterna è uomo schietto e pacifico, che percorre le tappe dell’esistenza con serena determinazione, proiettato
non solo al miglioramento della sua posizione senza inutili ambizioni, ma anche fortemente motivato nel dare un senso
alla vita, coltivando legami forti e sinceri, in famiglia e nella società, con profondi sentimenti. Egli, infatti, è
profondamente consapevole che la sua singolarità è inserita nella socialità, dove si sviluppa la comunità di persone
libere, che si sostengono nelle avversità e condividono i momenti di felicità, nella lotta incessante tra il bene e il male,
che condizionano la vita, ad ogni livello.
Dopo le difficoltà familiari conseguenti alla morte improvvisa del padre, fin da fanciullo ha dovuto fare estenuanti
esperienze di lavoro. E poi, come tutti i Ragazzi del ’99, è stato mandato al fronte, nelle trincee della “grande guerra”,
dove è stato ferito, tra i tanti coetanei uccisi, con visioni incancellabili di orrenda violenza e disumanità, che si
ripeteranno prima, durante e anche dopo la seconda guerra mondiale. Efficace è il suo riferimento al Mostro, assetato
del sangue delle vittime innocenti, per esprimere la profonda aspirazione alla concordia che, dall’interiorità di ognuno
deve proiettarsi all’esterno, per coinvolgere il mondo intero. Egli applica coerentemente questo anelito nel modo di
essere e di operare; confida nel valore della storia, della cultura e dell’arte, per la pace universale.
Nell’ultimo giorno della sua vita, rievoca il quadro retroattivo del suo secolo. Ed ecco i capitoli principali della sua
esistenza: la famiglia, la scuola, le numerose esperienze lavorative, le guerre, lo studio da grande, l’impiego alle Terme
di Diocleziano, gli amici, le donne amate.

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