Tutta la produzione poetica di Vito Sorrenti (composta da nove raccolte, sei delle quali frutto di vincite in premi letterari) si caratterizza per una costanza di temi e di schemi formali che nel tempo hanno apportato una ben chiara distinzione della sua poetica, con tratti stilistici e scelte di contenuto ben riconoscibili al lettore. Molto apprezzabile dunque la riproposizione di questa sua prima raccolta di poesia, Gocce d’amore, pubblicata nel 1994 presso le edizioni Cultura Duemila di Ragusa, che già presenta in nuce gli argomenti e le soluzioni linguistiche che verranno poi sviluppati nelle successive raccolte, di cui “Amebeo per Euridice”, pubblicata dalle edizioni A.G.A.R. nel 2009, e “I derelitti”, pubblicata per i tipi de “Il Convivio” nel 2014, rappresentano a mio parere i vertici della poesia di Sorrenti. Poesia, la sua, che, nella sintesi stilistica della produzione fin qui raggiunta, si contraddistingue per un saldo impianto classico, che rimanda spesso a moduli letterari della latinità (come per gli “amebei”) e che predilige una struttura dialogica, a più voci (come nei “trittici”), sopratutto per i componimenti di aperta denuncia morale e sociale, di cui vuole rafforzare la dimensione corale e la destinazione collettiva. Per le poesie più intimiste, invece, in cui l’Io lirico si abbandona allo scandaglio della propria interiorità, Sorrenti utilizza una versificazione più raccolta, quasi monologante. Laddove infatti predomina un verso accorato, magmatico e dilaniante, per le poesie di impegno civile (in un efficace contrasto tra misura classica dello schema e taglio espressionistico lessicale), nelle poesie dedicate all’amore e agli affetti il linguaggio diventa invece colloquiale, con tonalità più dimesse, ma ugualmente tessute di grande intensità lirica. Per quanto riguarda i temi della poetica di Sorrenti, essi hanno sempre tracciato un orizzonte molto vasto, che tocca i versanti contrapposti della Storia e dell’ordinario, della riflessione filosofica e dell’osservazione del quotidiano. Vito è un poeta essenzialmente rivolto agli altri, al mondo, alla natura, e questa sua attenzione al “fuori da sé” è vivificata inoltre da un’empatia e da una robusta fede cristiana, per cui lo sdegno e l’esacerbata sensibilità provati di fronte al dolore degli uomini, e che emergono in maniera dilagante dalle sue poesie, sono l’espressione conclamata non tanto di una semplice denuncia morale di fronte a tragedie collettive, quanto di una divorante passione civile e spirituale. L’autore, cioè, non si limita a “registrare” i fatti di cronaca, a descriverli, pur nel loro carico straziante di male e di sofferenza, ma entra nel dramma del suo prossimo con bruciante partecipazione, fino a rendere quasi tangibile un’esperienza in fondo intellettuale come quella della scrittura, renderla cioè esperienza viscerale, di dolente condivisione. Oltre a questa attenzione per lo spazio vasto e tormentato dell’umanità sopraffatta da ingiustizie, guerre, violenze, oppressioni, sempre designate con riferimenti precisi di fatti e persone, Sorrenti rivolge la sua poesia anche agli affetti personali, alla dimensione amorosa, quest’ultima raccontata sopratutto nella sua polarità di presenza-assenza. Anche in questo versante più “domestico” della sua poesia il nostro autore, sebbene in un dettato più sobrio e più conciso, sostanzia la sua scrittura di una decisa reattività ai segnali esterni, che lo porta a oscillare tra meditazione riflessiva e abbandono contemplativo. Ma è un’incoercibile, quanto solitamente addolcita malinconia, il sentimento sicuramente più presente e più distintivo di tutta la produzione poetica di Vito Sorrenti.
Tornando alla presente raccolta, Gocce d’amore mostra una scrittura ancora germinale, a tratti acerba, ma comunque sempre condotta con una partecipazione emotiva che ne catalizza la versificazione. La sua direzione istintiva, insieme a un’elevata tensione morale, gettano inoltre le basi... Daniela Monreale
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